Un posto dove stare
Dal vecchio saggio, il pellegrino andò per un consiglio: “Ti prego, maestro, Tu che di un granello di sabbia hai fatto la tua dimora preferita, aiutami a trovare un posto dove io possa stare in pace e sentirmi a casa! A lungo ho girato, mille strade ho percorso, con tanta gente ho vissuto e sempre straniero mi sono sentito”. Il vecchio gli sorrise. Il tempo gli aveva insegnato ad essere indulgente verso i giovani per natura irrequieti. “Hai provato a visitare questi due mondi?” gli domandò estraendo dalla tasca una vecchia pergamena. Il pellegrino la guardò incuriosito, dopodiché lesse il titolo a voce alta “Il Paese delle idee e il Paese dell'Azione ?! Ma vecchio, non sono forse queste terre già dell'uomo al momento della nascita?” “E' vero! Ma si può abitare una terra senza viverla davvero, come se si fosse ciechi, sordi muti e paralizzati” “Ammesso che tu abbia ragione, come si fa a conquistarla e a godersela questa terra promessa? Io proprio non ci riesco”. “Pazienta mio giovane amico!” lo ammonì con dolcezza il vecchio saggio, “in questa pergamena troverai una mappa. Segui attentamente gli itinerari che vi sono indicati. E… non correre, ché tanto, prima o poi, arrivi!” Dopo essersi congedato dal vecchio saggio, il giovane si incamminò verso la prima meta: il Paese delle Idee. Come bagaglio, sulla pergamena c'era scritto di portarsi appresso solo emozioni e fantasie; nulla di ingombrante che avesse a che fare con il corpo: né acqua, né cibo. Solo una mente aperta e ricettiva, al pari di una terra vergine che attende la semina. Il pellegrino giunse al paese che era appena spuntata l'alba. Trovò ristoro in una locanda, dormì e si svegliò che il sole non era ancora
sorto; quest'ultima cosa gli parve abbastanza strana, dal momento che era sicuro d'avere dormito parecchio… Qualcuno bussò alla porta. Il pellegrino aprì. “Vi ho portato la colazione, signore”, disse l'oste, presentandosi con un vassoio coperto da un panno bianco. “Oh, grazie. Ho giusto un languorino…” rispose il giovane, poi, ricordandosi del sole che non era ancora spuntato, domandò “sapete dirmi, oste, perché il sole non è ancora sorto?” L' oste scoppiò in una allegra risata “perché nel nostro Paese l'alba è eterna, le idee vi nascono senza mai morire!” Notando lo smarrimento del giovane, l'oste appoggio il vassoio sul tavolo “non preoccupatevi di nulla. Fate invece una buona colazione” disse e poi uscì. Il pellegrino non se lo fece ripetere una seconda volta. Pregustando il pasto, si avvicinò impaziente al vassoio e sollevò il coperchio. I suoi occhi non vollero credere a quello che vedeva: nel piatto non c’era niente di ciò che s'aspettava: niente pane, né biscotti, né latte né caffè! C'erano invece spunti per viaggi avventurosi: stimoli come antipasti; idee come portata principale,e infine, per dessert, dolci vaneggiamenti che altrove si sarebbero chiamati pie illusioni. Suo malgrado, il pellegrino scoprì di essere alquanto affamato di questo genere di cibo. Divorò ogni cosa e poi, s'appisolò di nuovo. A svegliarlo fu la vocina della moglie dell'oste: “il Re vuole vedervi, signore” gli annunciò affacciandosi alla porta. Il giovane ne fu felice “Il re in persona? Mi sa tanto che qui ho trovato il posto che fa al caso mio! Mi trattano come un signore e mi sento padrone di… di tutto!” pensò. Poco dopo, due emissari regali vennero a prenderlo con una stravagante carrozza che cambiava continuamente forma a seconda dei desideri e dei pensieri dell’ospite che trasportava. Il Re ricevette il pellegrino in pompa magna, proprio come la tradizione imponeva di fare con personaggi illustri.
“Che mi abbiamo scambiato per qualcun altro? Magari un ambasciatore?” Per educazione, il giovane pellegrino preferì aspettare sulla soglia un cenno del Re prima di attraversare l'immensa sala del trono. “Lasciatemi solo con lui!” ordinò Sua Maestà agli emissari. Solo allora il giovane si avvicinò, desideroso di osservare da vicino il Re. Costui, in realtà non era esattamente un uomo, quanto piuttosto l'idea precisa che in genere si ha di un sovrano. Era l'essenza perfetta del Re. Il pellegrino si inginocchiò ai piedi del trono. “Quale onore per me…” cominciò, ma le parole gli si confondevano nella mente. In più provava una sensazione bizzarra: non si sentiva per nulla in soggezione davanti al Sovrano. Anzi, si sentiva un suo pari, cosa che, a onor del vero, lo imbarazzava leggermente. Il sovrano gli sorrise, facendogli cenno di alzarsi con la mano. “Posso immaginare come tu ti senta al mio cospetto, mio giovane signore. Non provare imbarazzo. Ciò che stai pensando non è presunzione. E' la verità. Vedi, nel mio Paese tutti sono Re delle Idee! Qui non esistono disuguaglianze, né limiti. Non c'è neppure la morte!” “Tutto questo mi sembra troppo bello per non avere un prezzo” disse con un filo di voce il pellegrino. Un’ombra leggera adombrò la faccia del Re: “Sei un giovane accorto! Devi avere viaggiato molto…” Il pellegrino annuì. “In effetti, mio giovane amico, per vivere qui occorre pagare un piccolo tributo, diciamo, una specie di tassa vitalizia…” La mano ingioiellata del re si tese verso un cordone d'oro collegato a un campanello. Dopo poco, in tutto il palazzo risuonò un trillo soave che non assomigliava a nessuna melodia in particolare, era piuttosto l'essenza stessa della musica. Dopo pochi istanti, da una minuscola porticina situata dietro il podio del trono, spuntò un funzionario regio: in mano, l'uomo teneva un vassoio d'argento, sul quale, in bell'ordine, erano riposti
un foglio di carta scritto e un calamaio che conteneva una meravigliosa penna stilografica dal lungo gambo ricamato. Notando un certo sconcerto sul volto del giovane pellegrino, il Re sorrise: “oh, non preoccuparti, il prezzo da pagare per poter essere Re delle Idee non è alto. Si tratta semplicemente di accettare un contratto: io ti do la libertà di sognare all'infinito e tu, in cambio mi cedi il tuo corpo, che d'altra parte, qui ti sarebbe solo di impiccio…” Il giovane pellegrino lo ascoltò senza battere ciglio, in realtà nella testa aveva una grande confusione. I pensieri gli si accavallavano senza tregua. “E, se posso domandarvelo, Sire… Quanto durerebbe questo contratto?” domandò. “Tutta la vita!” “L'eternità?!” Il pellegrino era sempre più confuso. Sapeva che era sul punto di per prendere una decisione importante e definitiva… Vedendolo dubbioso, il Re aggiunse, “ma, in cambio, avrai la libertà di immaginare ciò che ti pare. Sarai risparmiato dai bisogni impellenti del corpo, come nutrirti o vestirti, che da sempre hanno reso l'uomo schiavo delle vile materia. E poi non morirai mai…” “Quanto tempo ho per decidere?” Il Re allargò le braccia, e con un sospiro rassegnato rispose: “Beh, quanto vuoi! Qui il tempo non ci manca”. Il giovane pellegrino comprese e apprezzò lo sforzo del Re, pertanto disse “vi ringrazio, Sire. Vi prometto che rifletterò a lungo sulla vostra proposta… Nel frattempo, sono proprio obbligato a restare qui?” “No, mio caro giovane. Finché non avrai firmato il contratto, potrai lasciare il Paese delle Idee quando desideri. Tuttavia prima di andartene, permetti che i miei uomini ti mostrino un piccolo assaggio del mio meraviglioso mondo: il "Tunnel dei desideri" e "il mare dei ricordi". Vedrai cose indicibili e segrete, che resteranno solo tue …” Il pellegrino accettò, e il Re diede subito l'ordine di allestire una speciale carrozza tutta per lui.
Quando i cocchieri, in livrea ufficiale – erano vestiti di arcobaleno - vennero a prenderlo e lo scortarono all'uscita, il pellegrino rimase senza parole: ad attenderlo dinnanzi al portale del palazzo c’era una carrozza tutta d'oro, tempestata di diamanti, con tende di broccato rosso e blu, ancora più bella di quella che l'aveva condotto al cospetto di Sua Maestà. Il giovane salì, e il viaggio cominciò. Prima fu la volta di un tunnel le cui pareti ondeggiavano in un’iridescente pioggia di luce argentata, così adamantina che il pellegrino dovette distogliere lo sguardo per non esserne accecato. Nel tunnel, colori, suoni, profumi si mescolavano gli uni con gli altri, in una corsa sfrenata, prendendo via via la forma di sogni ad occhi aperti in cui il giovane poteva riconoscere, non senza un certo imbarazzo, alcune delle sue fantasie più nascoste a cui era solito abbandonarsi in solitudine e che lo facevano ogniqualvolta arrossire. Lasciato il tunnel, la carrozza lo condusse al Mare dei Ricordi. Con suo grande stupore, il pellegrino si trovò d’un tratto inabissato sul fondo. Mai in tutta la sua vita aveva visto un simile blu! Un tale colore poteva esistere solo nell’immaginazione. Era cos’ abbacinante che ancora una volta, il giovane temette di diventare cieco. Questa volta ebbe persino paura di morire soffocato. Chiuse gli occhi e spalancò bocca e naso nel tentativo incamerare più aria possibile. Il funzionario sorrise“Tranquillo signore, non abbiate paura. Guardate fuori, piuttosto, e godetevi lo spettacolo!”. Il pellegrino, seppure con una certa diffidenza aprì gli occhi. sul fondale marino, una miriade di pesci di tutti i colori e di tutte le forme si rincorreva tra sgargianti piante acquatiche. Dopo essersi assicurato di poter respirare, il giovane si accostò al finestrino pieno di meraviglia: lì i suoi ricordi più belli prendevano forma e si scioglievano e poi ancora si riformavano e lui li riviveva provando un piacere che non si esauriva mai, restando sempre all'apice del godimento. “Il nostro viaggio è terminato” annunciò alla fine il cocchiere.
Il pellegrino tornò dal viaggio in preda a un'euforia mai provata. Tuttavia, prima di prendere una decisione, volle far visita anche all'altro paese indicato sulla pergamena, il Paese dell’Azione. Così si accomiatò dal Re del Paese delle Idee e si rimise in cammino seguendo le indicazioni della mappa. Il Paese dell'Azione gli spalancò le porte risucchiandolo in un vortice frenetico: qui ogni cosa era in movimento perpetuo, e vibrava di una pulsione elettrica. Il giovane si lasciò subito travolgere e trascinare in quel moto incessante, che non lasciava tempo ai pensieri di formarsi. Una cosa sola riuscì a pensare: nonostante si muovesse a velocità supersonica, non provava né stanchezza né fatica. Anzi, nel corpo avvertiva un vigore mai provato, un'energia inesauribile. Mentre correva da un luogo all'altro del Paese, ebbe modo di constatare che, in questo mondo, il giorno e la notte si alternavano con regolarità, solo a un ritmo accelerato. Vide anche che qui le persone passavano continuamente da un'attività all'altra e che non c'erano limiti a quello che si poteva fare. Gli abitanti erano talmente presi nelle loro attività frenetiche al punto che nessuno sembrava accorgersi di lui. Vista una locanda, il pellegrino decise di fermarsi per mangiare qualcosa. Non fece a tempo a varcare la soglia, che subito l'oste lo travolse con una quantità incredibile di cibo. Il pellegrino mangiò avidamente. Lì tutti i commensali non facevano altro. Nessuno parlava. E sembrava anche che nessuno finisse mai quello che aveva nel piatto. Neppure il pellegrino riuscì a terminare il suo pasto. In men che non si dica, due uomini l'avevano raggiunto e, dopo avergli detto qualcosa a grande velocità – che lui non aveva capito - lo avevano accompagnato fuori dove ad attenderlo c’era un binario d'oro; il pellegrino salì, e mentre il nastro correva, anche lui e gli uomini che lo scortavano ci correvano sopra. “Il Re vuole vederla” disse uno dei due uomini.
Il Re di questo paese, non abitava in un Palazzo, e nemmeno possedeva un trono. La sua reggia era un susseguirsi di corridoi che davano su luoghi dove il movimento era l'unica possibilità. Anche il Sovrano, non faceva altro che correre da una parte all’altra del palazzo, senza fermarsi mai. “Ecco il re” annunciarono all’unisono gli uomini, dando una leggera spinta al pellegrino affinché raggiunse sua Maestà di corsa. “Buon giorno mio signore” disse il giovane, ancora una volta sorpreso di quanto gli risultasse facile correre. “Benvenuto amico mio. Spero ti troverai a tuo agio nel mio paese. Qui potrai fare tutto ciò che desideri. Senza fermarti mai” rispose il Re. “Grazie Signore”. “allora ti piace?”Tagliò corto il Sovrano, giacché le frasi lunghe presupponevano pensieri. E qui i pensieri erano banditi! “Beh, sì, è tutto così veloce. Si possono fare tante di quelle cose che mi manca il respiro. Anzi no, il respiro non mi manca mai. E' questa la cosa più strana…” “Bene. Allora, resta” “Posso restare davvero?” “Certo” “E in cambio cosa dovrei dare?” Il re scoppiò a ridere. “Non sei affatto sprovveduto, vedo… Non ti chiedo nulla se non la tua immaginazione, che d'altronde qui ti sarebbe solo di impiccio…” Il pellegrino rifletté. Solo allora si accorse che se muoversi non gli causava nessuna sforzo, pensare, al contrario, gli risultava faticosissimo. “Non so, Sire, ci devo pensare .…” disse il pellegrino, poi tra sé “se solo riuscissi a pensare…” Dopodiché, sempre di corsa, si congedò dal re. Confuso, provò a confrontare i due paesi che aveva visitato e i piaceri – diversi ma ugualmente intensi - che gli avevano procurato. Alla fine, non riuscendo a prendere alcuna decisione
pensò che la cosa migliore fosse interpellare di nuovo il vecchio saggio. Lasciò dunque anche il Paese dell’Azione e ritornò da dove era venuto. “Ebbene, mio giovane amico, hai trovato un posto adatto in cui ti piacerebbe rimanere?”gli domandò il vecchio saggio. “A dire il vero, mi piacerebbe vivere un po' nell'uno e un po' nell'altro, ma non contemporaneamente. Però questo non è possibile perché in entrambi i mondi, la vita è vincolata a una sorta di contratto di rinuncia eterna: se scegli uno, rinunci per sempre all'altro”. Il vecchio gli sorrise “ebbene?” “Mi sa che l'unica soluzione è fare come te, mio buon maestro: restarsene qui, seduti tranquilli su un granello di sabbia, senza scegliere né l’uno né l’altro. Tu, in fondo, sei beato, e su questo granello ti senti a casa tua. Non soffri di nostalgie, né di desideri. Ti accontenti di quello che hai e non ti curi di ciò che ti manca, non ti arrovelli su ciò che è stato, né su quello che sarà. E questo ti risparmia dalla fatica di pensare e ti libera dall’affanno del fare. Insomma tu sei felice!” A quel punto il vecchio saggio scoppiò in una fragorosa risata “E a te chi te lo dice?” domandò. “Come potresti altrimenti essere così sereno?” “Ah, beh, se è per quello…Io, semplicemente FINGO!” fine
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