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EFFETTI COLLATERALI
Guida all'uso e abuso degli psicofarmaci
a cura del Telefono Viola di Milano
Questo testo non è sottoposto ad alcun copyright.
EDIZIONI NAUTILUS - 1998 C.P. 1311 TORINO
Come descritto nel sottotitolo, si tratta di una vera e propria "GUIDA ALL'USO E ABUSO DEGLI PSICOFARMACI". Pubblicato da Nautilus al prezzo di Lire 5.000, é stato ideato e realizzato dal TELEFONO VIOLA di Milano. Di grande attualità ed interesse, è ritenuta una delle più riuscite e ben realizzate pubblicazioni no copyright di questo genere. Una guida che apre (o meglio, sbarra) gli occhi sul fenomeno inquietante della farmaco dipendenza.
INTRODUZIONE
Dall'esperienza di ascolto del Telefono Viola (associazione che opera da alcuni anni in diverse città italiane contro gli abusi e le violenze psichiatriche) emerge una sempre maggiore richiesta di informazioni e chiarimenti riguardanti l'uso e gli effetti degli psicofarmaci. Spesso, infatti, chi li assume è inconsapevole degli effetti della sostanza che sta assumendo mentre chi li prescrive ignora, o finge di ignorare, la pericolosità del farmaco stesso e trascura il diritto all'informazione del "paziente". Chiunque si rivolga a una qualsiasi struttura psichiatrica ospedaliera o territoriale per cercare sollievo o ascolto al proprio "disagio psichico" incontra quasi sempre una risposta di tipo farmacologico. In questa logica lo psicofarmaco rischia di diventare una soluzione "valida" per tutte le circostanze o peggio ancora un imbonitore delle contraddizioni individuali e sociali. A fronte di tali esigenze, al di là del quotidiano impegno di ascolto telefonico, abbiamo pensato di realizzare un agile strumento di consultazione per chi sceglie, è indotto o è costretto a usare queste sostanze. A dispetto delle campagne di persuasione, portate avanti sempre più spesso tramite autorevoli testimonial, riviste, quotidiani e dietro cui spesso stanno le stesse industrie farmaceutiche, riteniamo centrale il diritto alla scelta dell'individuo contro l'obbligatorietà della cura e l'illusorio assunto sintomo-farmaco-guarigione. EFFETTI COLLATERALI è il risultato di queste riflessioni sviluppate all'interno di un
seminario svoltosi nel corso dell'anno 1996 con la partecipazione di operatori del Telefono Viola, di persone che hanno attraversato l'esperienza della vecchiaia e della nuova psichiatria e del Dr. Roberto Cestari. Dal 1975 al 1984 la vendita di benzodiazepine (tranquillanti minori), di antidepressivi e di neurolettici (tranquillanti maggiori) è aumentata rispettivamente dell'80%, del 119% e del 29%. Nel caso delle benzodiazepine l'ininterrotto incremento, registrato nel corso degli ultimi 10 anni, testimonia l'espansione di fenomeni di cronicità e di farmacodipendenza. Dati ancora più recenti (ISTAT, 1994) ci informano che in Italia sono stati venduti ed ingeriti qualcosa come un miliardo in pasticche di tranquillanti minori. Questa categoria di psicofarmaci è senza dubbio la più venduta e consumata in assoluto, costituisce uno dei maggiori affari per le case farmaceutiche e il suo utilizzo vastissimo è una nuova prassi sociale (Loiacono, 1975). I motivi di tale successo stanno prevalentemente nell'intensa e massiccia attività persuasiva del messaggio pubblicitario dei fabbricanti di psicofarmaci, tanto che all'equazione più farmaci = più salute nessuno sembra ormai sottrarsi. Una moltitudine di "ansiosi", "depressi", e "visionari" si offre, mani e piedi, al mercato degli "stupefacenti" psicofarmaci, al punto che numerosi studi sull'uso di queste sostanze mostrano la portata amplissima di questo fenomeno. Il consumo di psicofarmaci va infatti riferito sia ad una popolazione "specifica" in contatto con i servizi psichiatrici, sia ad una popolazione più vasta ed eterogenea che passa dalla medicina di base o da strutture non strettamente sanitarie (case per anziani, istituti di accoglienza. comunità, carceri, etc.). L'analisi sulla distribuzione del fenomeno appare dettagliata e puntuale, negli studi a carattere epidemiologico nessun fattore sembra essere trascurato; tutto quanto ne deriva, al di là delle statistiche, ci conforta (si fa per dire) nell'idea che la prescrizione e la conseguente assunzione di sostanze farmacologiche si traduce in una vera e propria paralizzante invasione chimica. La diffusione, poi, di una cultura-visione medicalizzata in risposta al disagio/follia e al tentativo di spiegarla e di metterla a tacere apre il problema della cosiddetta autoprescrizione. Ed è solo a questo punto che scatta l'allarme, "scientifico" e sociale. Uno studio realizzato a Verona nel 1980 rivela che tale pratica riguardava, e presumibilmente riguarda, il 25% delle prescrizioni complessive di sostanze psicotrope o psicoattive. Si noti che gli addetti ai lavori soltanto nella valutazione del fenomeno autoprescrittivo utilizzano le parole "psicotrope" o "psicoattive" (ovvero "droghe"), riferendosi agli psicofarmaci. Una finezza puramente linguistica che svela un fatto semplicissimo: "se ci si prescrive un ipnotico, un ansiolitico, si è drogati, se ce lo prescrive un medico (psichiatra) si è malati. L'ipnotico può essere così allo stesso modo una droga, se decidiamo di assumerlo autonomamente, una medicina se ce lo prescrive uno psichiatra. Non c'è niente di più chiaro, in questo caso, della lingua inglese per descrivere tale confusione: in inglese tanto le droghe illegali quanto gli psicofarmaci si chiamano drugs" (G. Bucalo, 1996). Collaterale, anche per i suoi effetti, è il nodo, la sfida per tutta la psichiatria (compresa quella "alternativa") del cosiddetto "signor-paziente non responder", di colui, cioè, che non risponde "positivamente" al trattamento. Il "signor-paziente farmaco resistente", è poco narrato nella letteratura scientifica e farmaceutica poiché prova parziale, ma significativa, di sconvenienti insuccessi terapeutici ed al cospetto del quale, tralasciando qualunque fredda statistica, lo psichiatra non manca di accanirsi tanto più è "resistente", gettando così la maschera di una pretesa e presunta scientificità. A questi "signori-pazienti resistenti" molto spesso si finisce per praticare, con il pretesto della pericolosità sociale, la classica contenzione fisica e psichica o la ancor più classica e ortodossa terapia elettroconvulsivante (elettroshock). Si può vedere quanto l'arredo e il dispositivo psichiatrico sia in costante metamorfosi, si estenda sottilmente da dentro a fuori e viceversa. Dalle fascette di contenzione, dalle docce fredde alla fredda chimica dei farmaci, vere camicie di forza fatte indossare con zelo. In tal caso si può davvero dire che per la psichiatria solo quando è soddisfatto il criterio della docilità e/o dell'annientamento psicofisico si è "guariti". A tutto questo si deve aggiungere che sono del tutto irrilevanti le "novità" intervenute nel settore della psicofarmacologia dagli anni '70 ad oggi e che molte di quelle molecole presentate come panacea di tutti i mali, altro non sono che copie di molecole ampiamente note e già sperimentate (esempio: la clozapina, la fluoxetina etc.). Né gli entusiastici e tanto decantati studi nel campo delle neuroscienze chiariscono molto sulla presunta natura organica e sulla eziologia dei "disturbi mentali": "Ancora una volta usiamo qualcosa (gli psicofarmaci) di cui sono certi i danni, per curare qualcosa (le "malattie mentali") di cui non siamo affatto certi. Se non abbiamo prove dell'esistenza della schizofrenia, infatti, possiamo essere certi della discinesia tardiva. Così come certi e documentati sono i danni provocati al cervello, alla mente e all'esistenza di chi è sottoposto alle altre terapie psichiatriche" (G.Bucalo, 1996). In sostanza tutto sembra essere fortemente condizionato da provati interessi economici, al punto che più di un dubbio può essere sollevato (gli stessi ricercatori lo fanno) di fronte alla valutazione di efficacia degli psicofarmaci in ambito psichiatrico. ISTRUZIONI PER L’USO
Per fare chiarezza, vorremmo sottolineare qui che non siamo contrari all'uso degli psicofarmaci in quanto tali, ma che li consideriamo alla stregua di qualsiasi altra sostanza o 'droga' che dir si voglia, con la convinzione che ognuno sia libero di farne l'uso che desidera, avendo però il diritto di essere realmente informato sui possibili effetti desiderati e su quelli indesiderati, e senza peraltro essere costretto ad assumerla. Riteniamo anche scorretto il fatto che spesso si presentino gli psicofarmaci non come possibile strumento per contenere momentaneamente un 'sintomo' o una sensazione insopportabile, ma come "medicine che guariscono da una malattia". Senza, quindi, demonizzarne l'uso vogliamo fornire alcune istruzioni per sopravvivere ai trattamenti farmacologici non desiderati e alle prescrizioni di psicofarmaci troppo spesso superficiali ed irrazionali. Vogliamo ricordare innanzitutto la "sostanziale equivalenza terapeutica" tra diverse categorie di farmaci, l'efficacia temporanea legata in larga misura all'effetto suggestivo (effetto placebo), gli effetti di tossicità dovuti all'uso associato di più psicofarmaci (talune prescrizioni somigliano a veri e propri cocktail), la valenza ricattatoria che nei manicomi come nei servizi territoriali ha la prescrizione e l'assunzione di psicofarmaci, pena l'accertamento e il trattamento sanitario obbligatorio. Vogliamo amplificare la problematica della libera scelta e dell'uso consapevole di sostanze farmacologiche attraverso questi primi suggerimenti (rimandando alla trattazione specifica per le varie categorie di psicofarmaci): • non sospendere mai bruscamente la terapia;
chiedere la prescrizione di farmaci per via orale;
chiedere informazioni sui farmaci e sui loro effetti collaterali;
chiedere e pretendere altre forme di trattamento terapeutico in sostituzione agli
psicofarmaci (per esempio: terapie psicologiche individuali o di gruppo, affidamento ai
servizi sociali non psichiatrici, etc.: non riteniamo che tali alternative siano valide di per
sé, ma sono utili per sfuggire alla presa degli psicofarmaci quando non si è intenzionati
ad assumerne);
promuovere esposti o intentare cause a singoli psichiatri o ad intere istituzioni
psichiatriche perché ritenuti responsabili di cattive pratiche prescrittive;
mettere in discussione e chiedere approfondì menti sulle diagnosi di disturbo
mentale e sui corrispettivi trattamenti farmacologici.
A PROPOSITO DI ABUSO
Il problema - lo ripetiamo - non è la demonizzazione della sostanza, quanto tutto ciò che si sviluppa intorno alla sua prescrizione fino all'assunzione. Vi sono tre elementi che vorremmo
sottolineare rispetto alle dinamiche della psicofarmacologizzazione:
A) quanto viene usato il farmaco - la durata della terapia - e come, ovvero con quale significato
per chi "consiglia", di utilizzare la sostanza e per chi "accetta" il consiglio. Una sostanza può assumere il ruolo di "cura miracolistica" (per guarire), di "piuma di Dumbo" (per vedere come si riesce a volare o a stare con i piedi per terra - a seconda dell'obiettivo - per poi farlo senza piuma), di "tregua nella battaglia" (perché in mezzo al bombardamento di stimoli interni e esterni ci si vuole riposare un po'), di "occhiali diversi sul mondo" (per vedere la "vie en rose", così poi le cose vanno meglio). In genere, dove esiste un bisogno e una pretesa curativi, si incontrano trattamenti prolungati (spesso per anni, anche perché non si "guarisce"), terapie "di mantenimento" dopo il trattamento dell'acuzie, dipendenze con sintomi eclatanti da effetti secondari, terapie complesse (con farmaci combinati per sopperire agli effetti collaterali gli uni degli altri). In altri casi, il farmaco può essere usato per un periodo necessario a riprendersi dalla spossatezza di un malessere esistenziale. In altre parole, sul significato che assume la terapia, il grosso discrimine è tra l'obiettivo di essere se stessi appieno sentendosi bene e quello di vivere la condizione di adeguatezza al mondo, a costo di sostare forzatamente in un corpo e una mente cristallizzati, difendendosi da ogni alterità non precostituita. B) le relazioni che si sviluppano intorno alla prescrizione/assunzione della sostanza: quanta
contrattualità la persona riesce a esprimere nella relazione medico/paziente rispetto alla scelta dei luoghi, dei tempi, dei modi delle proprie terapie; fino a che punto può essere messo in discussione e rinnovato il significato della terapia; ovvero, se si crea una situazione di impoverimento esistenziale (a volte anche materiale) il cui "effetto collaterale" (spesso desiderato e/o "subito" in una dimensione di complicità tra psichiatra e "paziente") è una dipendenza inglobante dal medico-stregone-dio-carabiniere e dal servizio-culla-mamma-galera. Qui è fondamentale il gioco del ricatto che assume connotazioni pesanti quando si osserva un utilizzo effettivo del Trattamento Sanitario Obbligatorio dal quale emerge - ad esempio in una città come Milano - come l'assunzione "volontaria" della terapia passi spesso attraverso la minaccia incombente di ospedalizzazione coatta. Inoltre, attorno all'uso del farmaco aleggia l'interpretazione continua dei comportamenti e dei pensieri del "paziente" in funzione della sostanza, in modo a dir poco meccanicista. E molto poco "scientificamente" si fanno delle differenze: se va bene, ovvero se "compaiono" comportamenti e pensieri "adeguati", (tipo accettare di buon grado il programma terapeutico e parteciparvi attivamente), è chiaro che sarà merito della corretta assunzione del farmaco non potrà mai essere prodotto dall'aver trovato una fidanzata, oppure dall'aver ereditato una cospicua sommetta; se invece il "paziente" si lamenta della sua condizione e esprime pensieri inusuali e non "logici" è altrettanto chiaro che sarà in atto un peggioramento patologico, o perché si è autosospeso la terapia (e quindi sta male) - non potrà mai essere che non è stato creduto nel racconto della sua esperienza, o perché sul lavoro esigevano gli straordinari in un luogo con le pareti verdi, colore da sempre insopportabile per lui. C) quella sorta di "immunità parlamentare" di cui godono le prescrizioni medico/psichiatriche:
semmai è la persona che è "farmaco- resistente", che reagisce male alla sostanza o ai cocktail di sostanze. E' molto raro che, di fronte a disastri fisici e mentali, vengano sporte denuncie o vadano a buon fine cause legali. E' come se la questione dei "diritti del paziente" nel caso in cui si tratti di persone psichiatrizzate, venga offuscata da una pesante coltre di delega e scaricamento di responsabilità collettiva invocando improrogabili necessità terapeutiche che, proprio in quanto tali, non possono non rimandare ad un'incontestabile competenza medica. A PROPOSITO DELLA VENDITA DI TRANQUILLANTI
I tranquillanti minori sono, tra le categorie di psicofarmaci, quelli più utilizzati, e
l'Italia è addirittura al primo posto tra i paesi europei, e non certo, pensiamo, per il fatto che gli
italiani siano più ansiosi di altri. Tali sostanze sono usate in Italia da circa 8/10 milioni di
consumatori saltuari.
Le ragioni di questa smisurata somministrazione di psicofarmaci sono ancora una volta da ricercare negli enormi interessi economici organizzati sapientemente e sottilmente intorno ad un fenomeno di portata mondiale dalle industrie farmaceutiche e dalle lobbies più rappresentative di psichiatri e ricercatori. Basti pensare che l'immensa varietà e disponibilità di prodotti farmacologici in commercio non è giustificata, in relazione alla differente e potenziale "efficacia terapeutica", dalla gran parte degli studi commissionati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Negli Stati Uniti, in Inghilterra e nei paesi scandinavi esiste, inoltre, un controllo più attento sull'uso di tali psicofarmaci. Il farmacista, ad esempio, è tenuto a dare al "paziente" solo la quantità di farmaco prescritta dal medico. In Italia, al contrario la quantità non è indicata sulla ricetta, che, tra le altre cose, è molto spesso ripetibile. Tale modalità rende possibile e quasi naturale il fenomeno dell'autoprescrizione da parte degli stessi "pazienti". Questo può essere uno dei motivi per cui in Italia si vendono più farmaci. Di fatto, questa leggerezza nel controllare e limitare l'uso di tali farmaci significa per le case farmaceutiche moltiplicare mercati e profitti e per i cosiddetti pazienti fare incetta di Tavor o o di Roipnol quando e ovunque lo vogliano. Ma, come se non bastasse, rincarando volutamente "le dosi e le iniezioni di fiducia", molti psichiatri vanno dicendo che grazie a questi prodotti è "risolto" o quasi il problema dell'ansia generalizzata, dell'insonnia, etc. Queste dichiarazioni, suffragate da nulla, si ripetono ciclicamente ogni quattro o cinque anni in concomitanza con il lancio di nuovi prodotti e sono operazioni di tipo commerciale che servono a tenere vivo il mercato per non far crollare le vendite. Questi farmaci, infatti, presentati come nuovi, non sono tali , ma sono in realtà vecchi farmaci le cui formule sono state solo parzialmente riviste. Nel confronto tra popolazioni di consumatori, i tranquillanti minori sono utilizzati
prevalentemente da donne (65%, con punte anche del 70%), forse perché a reali problemi,
relativi a una condizione non sempre acquisita di parità ed autonomia, è più semplice rispondere
con l'uso di psicofarmaci, piuttosto che con un profondo cambiamento delle condizioni di vita.
BENZODIAZEPINE
Sono la categoria principale e più rappresentativa degli ipnotico-sedativi. Si distinguono in quelle che vengono eliminate lentamente dal nostro organismo, i cui nomi di prodotti in commercio
sono: Frisium, Transene, En, Librium, Psicofar, Reliberan, Seren Vita, Madar, Madar Notte, Aliseum, Ansiolin, Eridan, Noan, Tranquirit, Valium, Vatran, Dalmadorm, Felison, Flunox, Midorm A.R., Remdue, Valdorm, Anseren, Nobrium, Domar, Prazene, Trepidan, Oniria, Quazium, Darkene, Roipnol, Valsera, Mogadon, Tri. E quelle benzodiazepine che vengono eliminate più celermente (usate nel trattamento
dell'insonnia): Control, Lorans, Quavit, Tavor, Tavor Expidet, Minias, Adumbran, Limbial, Quilibrex, Serpax, Euipnos, Normison, Mialin, Valeans, Xanax, Compendium, Lexotan, Lexotan Plus, Lendormin, EsiIgan, Depas, Pasaden, Halcion, Songar. Venendo eliminate più rapidamente evitano i fenomeni di sedazione durante il giorno. Agiscono sul sistema nervoso centrale con una azione definita "depressiva" che in questo caso si riferisce all'azione inibitoria, sedativa di questi farmaci. Come per tutte le sostanze che hanno un'azione simile, la risposta di chi prende tali farmaci dipende dal dosaggio e varia da persona a persona: a bassissime dosi eccita, alzando le dosi eccita ulteriormente, alzandole ancora di più provoca sonno e in casi di dosi estremamente massicce (sovradosaggio) porta a gravi stati di malessere psicofisico fino anche al coma. Le benzodiazepine (BDZ) vengono utilizzate per il trattamento degli stati ansiosi e
dell'insonnia: dagli attacchi di panico all'agorafobia, all'ipocondria a situazioni di stress e ansia generalizzata. Tali sostanze possono nel tempo risultare molto pericolose ed il loro utilizzo può anche portare ad una crisi "psicotica" (i sintomi descritti sono deliri ed allucinazioni) che verrà poi probabilmente affrontata con i "tranquillanti maggiori" o neurolettici. Non è da sottovalutare il fatto che esse provocano, come ogni sostanza psicoattiva, dipendenza fisica, psicologica, tolleranza ( = bisogno di aumentare la dose per sentirne gli
effetti) e crisi di astinenza. A meno che non intervengano gravi effetti collaterali che rendano
necessaria una brusca interruzione del trattamento, la sospensione di una terapia con BDZ deve
essere graduale
(il tempo necessario per chi volesse sospendere il trattamento è da calcolare
assieme ad un medico che valuti con attenzione le modalità di riduzione del farmaco). Infatti una
brusca sospensione delle BDZ può provocare ansia, insonnia, irritabilità, nausea, cefalea,
palpitazioni, tremori, sudorazione, meno frequentemente dolori muscolari, vomito, intolleranza alle
luci e ai suoni e raramente convulsioni e una serie di disturbi contrastanti quali: eccitazione,
tristezza, delirio, allucinazioni, difficoltà a pensare e ad esprimere le proprie emozioni.
Effetti collaterali

Gli effetti collaterali frequenti a dosaggio base sono: eccessiva sedazione, confusione
mentale, astenia, diminuzione della prestazione psicomotoria e cognitiva; gli effetti meno frequenti sono amnesia e irrequietezza; quelli invece rari sono: vertigini, stati di eccitamento, reazioni cutanee, amenorrea ( = mancanza
del flusso mestruale) e galatorrea ( = produzione di latte nella donna in assenza di gravidanza e
anche nell'uomo).

Combinando le BDZ con altri farmaci

Bisogna fare attenzione nel combinare le BDZ con gli alcolici, tale interazione può
causare, infatti, problemi cardiorespiratori, può prolungare i tempi di eliminazione delle BDZ (nel caso delle BDZ a eliminazione lenta) e provocare fenomeni di accumulo (ovvero effetti di potenziamento ed effetti eroino-simili nel caso, per esempio, dell'associazione di Tavor con alcolici). L'azione delle BDZ con altri farmaci che "deprimono" il sistema nervoso centrale
provoca un aumento dell'effetto farmacologico di entrambi i farmaci. In generale andrebbe evitato il più possibile sia il consumo di psicofarmaci combinati tra loro, sia di psicofarmaci e farmaci. Infatti, le BDZ a eliminazione lenta combinate con altri farmaci quali Cimetidina (farmaco antiulcera), Propanolo (farmaco che controlla la pressione), contraccettivi (pillole) aumentano il tempo di eliminazione sia delle stesse BDZ che di questi altri farmaci, mentre con la Digossina (farmaco usato per problemi cardiaci), gli anticoagulanti e la Fenitoina (farmaco usato per epilessia e, occasionalmente, per emicranie o aritmie) aumentano il tempo di eliminazione e l'effetto di questi ultimi. ALTRI FARMACI ANSIOLITICI E IPNOTICI NON BENZODIAZEPINICI
Questi farmaci presentano caratteristiche molto simili a quelle delle BDZ. Essi sono:
Buspirone
,
nome dei prodotti in commercio: Axoren, Buspar, Buspimen. Gli effetti di tale farmaco sono percepibili solo dopo 8-10 giorni di trattamento ed il tempo di eliminazione varia tra le 4 e le 28 ore. Il meccanismo di azione di tali farmaci è assimilabile a quello osservato per i neurolettici (di cui parleremo più avanti), ma ha effetti simili a quelli degli ansiolitici di cui abbiamo già descritto la tossicità. Zolpidem,
nome dei prodotti in commercio: Ivadal, Niotal, Stilnox. Tale farmaco viene completamente assorbito ed eliminato nel giro di 1-4 ore. E' ben più tollerabile delle BDZ, non produce modificazioni nell'architettura del sonno e non sono stati riportati fenomeni di insonnia derivante dalla brusca sospensione del trattamento. Inoltre non ha controindicazioni anche nel caso di un suo uso insieme all'alcol.
Zopicione
,
nome del prodotto in commercio: Sovipan. Tale composto si distribuisce estesamente nei tessuti dell'organismo e viene secreto Il suo tempo di eliminazione va dalle 3 alle 6 ore. E' utilizzato solo per il trattamento dell' insonnia. L'effetto collaterale più frequente è la sensazione di amaro in bocca, mentre non sono stati riscontrati problemi nelle prestazioni psicomotorie e cognitive al mattino successivo all'assunzione del farmaco. Aloperidolo, Antensol, Bartonil, Belivon, Bioperidolo, Championyl, Clopixol, Clopixol Depot, Clorpromazina, Compazine, Confidan, Dobren, Ensulid, Entumin, Equalid, Eunerpar, Fluanxol, Fluanxol Retard, Haldol, Haldol Decanoas, Imap, Isnamide, Impromen, ltalprid, Largactil Forte, Leponex, Loxapac, Lumaten, Luxoben, Majeptil, Mellerill, Mellerette, Modalina, Moditen Depot, Moditen Enanthate, Navane, Normun, Nozinan, Orap, Piperonil, Piportil, Prazine, Prozin, Psicoben, Psicoperidol, Psyquil, Quide, Quiridil, Risperidal, Sato, Sedalande, Semap, Serenase, Serentil, Sereprile, Sintodian, Sordinol, Stemetil, Moditen, Talofen, Taractan, Tindal, Tioridazina, Trilafon, Trilafon Enantato questi i nomi commerciali di alcuni neurolettici più usati. I neurolettici, detti anche farmaci antipsicotici tranquillanti maggiori o neuroplegici sono tra gli psicofarmaci quelli più pesanti per l'organismo e, quelli più discussi nella pratica psichiatrica. Il termine neurolettico significa: "farmaco con forte azione sedativa sul sistema nervoso". La terapia sedativa non ha alcuna logica terapeutica se non quella del controllo dei sintomi; infatti, i neurolettici sono tipicamente usati in psichiatria (è raro che un medico di base li prescriva) per controllare e contenere le persone che vengono definite "schizofreniche", "psicotiche", "maniaco depressive", "paranoiche", etc. Gli psichiatri dichiarano che i neurolettici possono sopprimere numerosi sintomi: confusione, deliri, allucinazioni, eccitabilità, ansia estrema, aggressività. Che queste sostanze abbiano degli effetti, è certo; che questi siano favorevoli alla persona che li assume è tutt'altro discorso. Certamente, con dosaggi opportuni, sedano qualsiasi individuo (anche se alcune persone risultano "resistenti", ovvero non rispondono al trattamento), si sappia, però, che non "curano" nulla, ma inibiscono la persona. La presenza di sintomi sensibili all'azione dei neurolettici non può essere elemento decisivo per condizionare la scelta di iniziare un trattamento. Tale affermazione segnala l'estrema cautela con la quale vanno prescritti e assunti tali farmaci. I NEUROLETTICI

Breve storia dei neurolettici

La cloropromazina, sintetizzata a Parigi nel 1950, è il capostipite di questi composti. Venne dapprima utilizzata in sala operatoria per potenziare l'anestesia, oppure per pazienti con crisi dolorose non trattabili, in associazione a narcotici e barbiturici. (N.B.: quasi tutti gli psicofarmaci sono nati come farmaci destinati a curare ben altro rispetto ai cosiddetti "disturbi mentali".) Si notò, però, che la cloropromazina aveva anche una proprietà particolare, detta "lobotomia farmacologica", ovvero la proprietà di indurre uno stato di ottundimento di sensi, riflessi e pensiero. Introdotti nella pratica psichiatrica nel 1953, i neurolettici diventarono presto la "camicia di forza chimica" utilizzata in tutti i manicomi, prendendo così il posto dei barbiturici, degli shock da insulina, degli elettroshock e della lobotomia. Oggi gli psichiatri sanno bene che i neurolettici sono pericolosi per la salute, ma dicono che, nonostante i danni, possono evitare l'uso di camicie di forza e altre "vecchie terapie". In un certo senso una sorta di male minore. A volte ci si trova di fronte a persone che fanno o dicono cose incomprensibili, non tollerabili dal punto di vista di chi osserva e sembra che non esistano alternative per calmare la persona se non sedarla: tutto è relativo al livello di tolleranza di chi osserva, livello di tolleranza, peraltro, oggi sempre più basso. Stando così le cose si capisce bene l'accorato appello allo specialista della normalizzazione: lo psichiatra. E' pur vero che oggi, di fronte ad un abuso impressionante di neurolettici, sostenuto da ignoranza e leggerezza di molte prescrizioni psichiatriche, c'è chi propone un uso razionale e quantomeno prudente degli psicofarmaci. Da più parti gli stessi sostenitori della psicofarmacologia richiamano alla cautela, ricordando i rischi di un uso improprio (noi diremmo selvaggio) di queste sostanze, ma nella pratica quotidiana gli psichiatri continuano indisturbati a difendere il loro pseudo-sapere con un atteggiamento di rigidità acritica. Nella migliore delle ipotesi la persona che assume i neurolettici può, e spesso deve, contrattare con lo psichiatra la modalità di assunzione della terapia farmacologica. Questa è una pratica per lo meno insolita in medicina, così come nessun altro settore della medicina ha così tanti pazienti che non vorrebbero essere tali. Per questo riteniamo vada assolutamente rispettata la scelta dell'individuo e dunque anche quella di usare questi farmaci, purché si tratti di un uso consapevole e informato sui rischi. Non tutti sanno che
• Oggi è ben documentato il dato dell'equivalenza terapeutica di neurolettici tra loro diversi. L'unica
caratteristica che differenzia i vari composti è la maggiore o minore presenza di alcuni effetti
indesiderati. Questa sostanziale equivalenza tra i diversi farmaci in commercio contrasta
fortemente con l'enorme disponibilità di etichette presenti nelle nostre farmacie.
• Non si è avuta nessuna sostanziale novità farmacologica negli ultimi 25 anni. Solo di
recente sono stati introdotti sul mercato composti con caratteristiche in parte diverse da quelle degli antipsicotici classici (ad esempio: clozapina, di cui tratteremo più avanti, risperidone, remoxipride). • La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, in un suo rapporto, consiglia che
l'assunzione di neurolettici non sia protratta per periodi superiori ad alcune settimane. In
tutti i casi, non avrebbero alcun senso i trattamenti a tempo indeterminato; di fatto i neurolettici
vengono spesso somministrati per anni e anni col risultato di cronicizzare gli effetti indesiderati, a
volte in maniera irreversibile.
I neurolettici agiscono solo sui sintomi ma non hanno efficacia sulla causa del disturbo (reale
o presunto che sia), inoltre quasi tutti possono provocare come "effetto collaterale" ciò contro cui sono somministrati (ad esempio, l'incremento di sintomi come le allucinazioni). Questo fenomeno è noto col nome di effetto paradosso. • E' caldamente sconsigliato l'uso dei neurolettici depot.
• I depot o long-acting sono iniezioni intramuscolari a lento rilascio. In pratica, la persona si presenta al servizio psichiatrico ogni 15-30 giorni e gli viene fatta un'iniezione che diffonde gradualmente nel corpo del "paziente" la quantità di farmaco prescritta dallo psichiatra, per un numero di giorni pari a quello tra un'iniezione e l'altra. In questo modo la persona non ha possibilità di sfuggire al trattamento. Tale pratica, oggi largamente diffusa, poiché permette un duraturo controllo della persona anche a distanza, comporta in realtà gravi rischi: tra i fattori limitanti quello più serio è il fatto che è impossibile ridurre il dosaggio o sospendere il trattamento nel caso di effetti collaterali indesiderati o di sintomi da sovradosaggio. A ciò si aggiunga il fatto che è stato segnalato con i composti depot il rischio di una maggiore incidenza di effetti indesiderati soprattutto di tipo extrapiramidale (per esempio: tremori, rigidità muscolare, etc.). • Si consiglia quindi di chiedere allo psichiatra di passare all'assunzione orale dell'equivalente numero di gocce, in modo che sia possibile, se lo si desidera, programmare la graduale diminuzione della sostanza. • I neurolettici hanno enormi effetti collaterali. La risposta è altamente soggettiva come per tutte
le sostanze psicoattive. Si cerca di fare delle standardizzazioni, ma ogni individuo risponde ai neurolettici in modo differente e quindi difficilmente prevedibile.
Effetti collaterali

Gli effetti più frequenti sono: sedazione, sonnolenza, difficoltà di pensiero, apatia, secchezza delle fauci, eccessiva salivazione, problemi mestruali, problemi sessuali, aumento di peso, difficoltà ad urinare, confusione, nausea, abbassamenti di pressione, insonnia. Per controllare i tremori provocati dall'uso dei neurolettici, spesso alla persona vengono somministrati farmaci antiparkinsoniani (su tutti il Disipal). La persona che assume neurolettici spesso si sente stordita, fa fatica a connettere e ad associare le idee fra loro, si sente staccata dalla realtà come se tutto fosse ovattato. Gli
antipsicotici possono anche incidere sul comportamento causando cambiamenti repentini di
umore, periodi di calma alternati a periodi di iperattività, inusuali modi di parlare, incluso il "parlare
senza mira" o a voce molto alta. Questi comportamenti vengono sovente etichettati come
"disordine mentale ricorrente" e vengono usati come giustificazione per ricorrere ad un
ulteriore uso di neurolettici, ma in realtà sono causati dai farmaci stessi.

Si arriva paradossalmente lungo questo percorso a confondere sintomi ed effetti collaterali. Quindi diventa difficile rompere questo circolo vizioso come stanno a dimostrare le migliaia di "pazienti" cronici o a rischio di cronicità che affollavano e affollano manicomi e servizi psichiatrici territoriali. Gli effetti collaterali sono indicati nei foglietti delle indicazioni dei farmaci, va comunque sempre tenuto presente che la risposta è altamente soggettiva.
Vediamo, comunque, gli effetti collaterali a carico dei diversi apparati: Disturbi extrapiramidali
Sono gli effetti di più comune riscontro. I disturbi extrapiramidali indotti dai neurolettici sono: distonia acuta, acatisia, parkinsonismo, discinesia tardiva e rabbit syndrome. Li descriviamo di seguito. Distonia acuta
E' rara ma è dolorosa e debilitante. Insorge precocemente (secondo alcune stime nel 90% dei casi entro i primi 5 giorni dall' inizio del trattamento). E' caratterizzata da torcicollo doloroso, movimenti degli occhi verso l'alto, tic della palpebra, contrazioni dolorose della schiena con difficoltà a camminare, raramente contrazioni dei muscoli laringei con difficoltà a parlare (intesa come voce rauca, sino all'afonia) e a respirare, fino al soffocamento. Acatisia
E' l'incapacità di stare fermi, l'individuo si muove continuamente e con dondolamenti, battendo i piedi o le dita, spostando il peso del corpo da una parte all'altra mentre sta in piedi. Parkinsonismo
I segni più tipici sono rigidità, tremori e bradicinesia (movimenti lenti) come avviene nei soggetti affetti da morbo di Parkinson. Possono inoltre essere presenti scialorrea (= eccesso di salivazione), disturbi del linguaggio e disturbi della scrittura. Un'estrema forma di parkinsonismo è l'"effetto zombie'' dato da portamento rigido, quasi mutismo, apatia, sguardo assente. L'incidenza della sindrome parkinsoniana varia, a seconda degli studi considerati, dal 20 al 40% dei casi. Di solito è reversibile dopo alcune settimane dalla sospensione del trattamento con neurolettici, ma in certi casi può persistere per mesi od anni. Per controllare i sintomi parkinsoniani vengono usati farmaci antiparkinsoniani, ma questa associazione, soprattutto se prolungata nel tempo può aumentare il rischio di discinesia tardiva (vedi sotto). Discinesia tardiva
E' il più grave degli effetti extrapiramidali. E' caratterizzata dalla presenza di movimenti involontari (discinetici) a carico della muscolatura della bocca, delle labbra e della lingua. Spesso possono essere colpiti anche i muscoli degli arti e del tronco. Tali movimenti si attenuano o scompaiono durante il sonno, mentre aumentano in condizioni di tensione emotiva. Sono movimenti ripetuti e ritmati tipo: succhiare, baciare, piegare le labbra, soffiare, masticare, protendere la lingua. Comuni sono anche i tic facciali e le smorfie e si possono osservare movimenti incontrollati delle dita, sbattere dei piedi ed altri movimenti insoliti. Tali effetti possono essere molto visibili o anche solo percepibili da un occhio alienato. Tale insieme di effetti è chiamato "discinesia tardiva" perché può insorgere di solito dopo alcuni anni dall' inizio del trattamento (nel 20-55% di persone trattate per più di due anni), tuttavia vi sono casi di insorgenza molto precoce (alcuni mesi dopo l'inizio del trattamento) e può insorgere anche dopo la sospensione del trattamento (discinesia da sospensione). Esistono forme ad evoluzione favorevole e sfavorevole, cioè reversibile o irreversibile. Queste ultime rappresentano il 30% del totale. Sono stati notati alcuni fattori di rischio, cioè alcune condizioni che favoriscono la possibilità di sviluppare questo disturbo, tra cui: sesso femminile, età superiore ai 55 anni, assunzione prolungata della sostanza (più di due anni), associazione con composti antiparkinsoniani, uso di farmaci depot (ovvero iniezioni a lento rilascio). Poiché non esistono rimedi contro la discinesia tardiva la prevenzione è molto importante: • se si usano neurolettici, prenderli per un breve periodo e in dosi minime; • mentre si assumono neurolettici effettuare ogni 3 mesi un esame neurologico per poter identificare precocemente i primi segnali di tale effetto, come i movimenti vermicolari della lingua; • fare pause senza assumere neurolettici, almeno 4 volte l'anno, all'incirca ogni 3 mesi. Durante tali pause della durata di almeno 2-4 settimane possono comparire i primi segni di discinesia tardiva. Se compaiono, il trattamento deve essere interrotto; • evitare l'uso dei neurolettici depot: rispetto alle preparazioni orali presentano un rischio tre • evitare la sospensione brusca del trattamento: una sospensione graduale può ridurre i rischi di discinesia tardiva (i tempi e i modi con cui arrivare alla sospensione del farmaco sono variabili da persona a persona, ènecessario consultare un medico che aiuti indicando quali sostanze, ad esempio vitamine e sali minerali, assumere per non accusare disturbi durante la sospensione della terapia farmacologica); • usare composti antiparkinsoniani solo se compaiono disturbi extrapiramidali. Rabbit syndrome
E' un particolare tipo di disturbo che può insorgere tardivamente, è la "sindrome del coniglio" che consiste in contrazioni involontarie e continue dei muscoli periorali (ovvero intorno alla bocca), sono invece assenti i movimenti della lingua come invece avviene nella discinesia tardiva. E' un disturbo quasi sempre reversibile
Effetti collaterali rispetto agli organi

• Epatite colestatica, per ostruzione delle vie biliari. • Ittero (0,1 %), cioè cute ed occhi gialli. • Fotosensibilità, cioè sensibilità alla luce del sole, esponendosi alla quale si assume un • Alopecia = perdita di peli e capelli. • Orticaria = macchie rosse con prurito. • Maculopapule e acne, tipo acne giovanile. Apparato gastrointestinale
• Anoressia, ma anche aumento dell'appetito. • Nausea e vomito, anche per sospensione improvvisa della sostanza. • Diminuizione di peso, ma più spesso aumento di peso. Apparato respiratorio
Sistema vegetativo
• Edema periferico (gonfiore di gambe e caviglie). Sistema endocrino
• Ginecomastia: nel maschio spuntano le mammelle, nella femmina possono essere dolenti. • Impotenza o (più raramente) aumento della libido. Cuore e vasi
• Ipotensione ortostatica (ovvero la persona alzandosi di colpo dalla posizione sdraiata può cadere per improvviso abbassamento della pressione). • Colorito brunastro della congiuntiva. • Depositi pigmentosi ed opacità con calo della vista. • Agranulocitosi (ovvero caduta dei globuli bianchi con pericolo, quindi, di infezioni gravi). Sindrome neurolettica maligna

E' una sindrome tossica piuttosto rara (si verifica nello 0,02- 2,4% dei casi), ma è potenzialmente mortale e può insorgere nelle persone che fanno uso di neurolettici, con un'incidenza tra gli uomini doppia rispetto alle donne. Fattori di rischio sono: la presenza di malattie organiche concomitanti, l'uso di neurolettici depot, l'assunzione di dosi molto elevate di neurolettici in brevi periodi. I sintomi possono comparire dalle prime ore fino a pochi giorni dopo l'assunzione di un neurolettico. Se l'esito è favorevole questa sindrome recede generalmente senza conseguenze, ma, se compare, è mortale nel 12-25% dei casi. I sintomi sono: • febbre alta (da 38° C fino a 42° C) è un sintomo sempre presente; • segni extrapiramidali come tremori e rigidità; • tachicardia e aritmia (ovvero battito cardiaco accelerato o irregolare); • disfagia (ovvero difficoltà ad ingerire). Le complicanze che possono portare alla morte sono: insufficienza renale acuta, insufficienza polmonare con embolie, polmonite, infarto del cuore acuto, sepsi (= infezione generalizzata) e coma. L'unica cosa da fare in questo caso è sospendere immediatamente il neurolettico. Anche in questo caso se il composto è stato assunto per via intramuscolare è impossibile la sospensione. LA CLOZAPINA

breve storia


All'inizio degli anni '60 la clozapina fu introdotta per il trattamento dei pazienti cosiddetti
"schizofrenici" che risultassero "resistenti" a trattamenti con altri neurolettici (ovvero rispetto ai quali non vi è alcun "miglioramento" dopo l'uso di almeno due neurolettici per un periodo di tempo sufficientemente lungo). La clozapina è un "antipsicotico" che ha il vantaggio, rispetto agli antipsicotici tradizionali, di avere ridotti effetti collaterali extrapiramidali (che si verificano in 60 pazienti su 100
assuntori di antipsicotici tradizionali), ma chi fa uso di clozapina può incorrere nel rischio di
agranulocitosi, vale a dire nella riduzione drammatica di un tipo particolare di globuli bianchi. Nel
1975 in Finlandia, si verificò questo fenomeno in ben 16 casi di cui 8 furono fatali. Dopo questi 16
casi il commercio della clozapina fu ristretto e furono bloccate le procedure di registrazione
laddove non era ancora in vendita.
Viene reintrodotta oggi, come "nuovo farmaco" (e si noti che per nessun'altra categoria di farmaci la vendita prosegue nel caso di decesso provocato da dosaggio terapeutico) dopo che nel 1984 la Food and Drugs Administration, sollecitata dai più importanti psichiatri americani, invitò la ditta produttrice ad intraprendere le pratiche di registrazione per la clozapina per i "pazienti resistenti", dopo aver definito un sistema di controllo per ridurre al minimo il rischio di agranulocitosi. Il meccanismo preciso di azione della clozapina è in realtà sconosciuto, così come èsconosciuto il meccanismo per il quale la clozapina provoca l'agranulocitosi.
Il trattamento con clozapina richiede dunque un attento monitoraggio ematologico
per non incorrere in questo gravissimo effetto collaterale. Come la maggior parte parte degli effetti collaterali indotti da questo farmaco, anche l'agranulocitosi, se si verifica, si può osservare nelle fasi iniziali del trattamento; nelle prime 18 settimane è bene sottoporsi ad un controllo settimanale del sangue per rilevare il livello dei globuli bianchi (la pericolosità dell'agranulocitosi e i decessi dovuti ad essa sono determinati dal fatto che nelle prime fasi della malattia non vi sono segni visibili, ma solo segni riscontrabili attraverso esami del sangue), mentre dopo le prime 18 settimane il rischio di agranulocitosi è tale e quale a quello degli altri neurolettici: ci si può sottoporre ad un controllo mensile del sangue. In Italia, la commissione unica del farmaco, visto l'andamento dei primi mesi di vendita e i gravi effetti indesiderati segnalati (7 casi di agranulocitosi con un decesso), ha ritenuto opportuno riservare la prescrizione della clozapina esclusivamente ai centri ospedalieri specializzati e ai dipartimenti di salute mentale. L'uso della clozapina sarà monitorato, per tutto il tempo della sua diffusione, dal SERVIZIO ICLOS (=Italian Clozapine System). Tale servizio è fornito gratuitamente dalla ditta
produttrice agli specialisti neuropsichiatri autorizzati a usare questo farmaco e consiste
fondamentalmente in una banca dati sull'impiego del farmaco ove sono registrate eventuali gravi
intolleranze al farmaco delle persone che lo hanno utilizzato. Il medico che volesse prescrivere la
clozapina (Leponex) ad un suo paziente può così evitare di riesporre il malcapitato al farmaco.

Altri effetti collaterali

• Scialorrea, vale a dire la perdita involontaria di saliva dalla bocca, persistente e soprattutto • più rara è la iperidrosi (ovvero eccessiva sudorazione che si verifica in assenza di calore o di attività fisica) il cui trattamento solito con anticolinergici (farmaci che usualmente si usano contro la iperidrosi), non porta a benefici, ma aggrava il rischio di effetti collaterali; • aumento di peso anche elevatissimo (10-50 Kg); • nelle primissime fasi del trattamento possono verificarsi effetti collaterali cardiovascolari quali tachicardia (=aumento della frequenza del battito del cuore), ipotensione (ovvero bassa pressione arteriosa) e più raramente ipertensione (ovvero alta pressione arteriosa); • possono verificarsi anche febbre, problemi gastroenterici, eruzioni cutanee, problemi al fegato e costipazione: sintomi a cui si può contrapporre una dieta liquida e ricca di fibre; • possono, anche se in misura minore rispetto gli altri farmaci, verificarsi convulsioni. Rispetto agli altri neurolettici

La clozapina induce scarsi effetti extrapiramidali e di discinesia tardiva e, sempre rispetto agli altri neurolettici, provoca un rischio minore di innalzamento dei livelli di prolattinemia che è un ormone la cui sovrapproduzione nella donna può causare sterilità, scomparsa del ciclo mestruale, e produzione spontanea di latte in un periodo diverso dalla gravidanza o dall'allattamento, nell'uomo può causare impotenza, ingrossamento di una o entrambe le mammelle e in entrambi i sessi può causare cefalee e diabete insipido (= rara condizione caratterizzata da enormi quantità di urina diluita e da sete molto intensa e può causare una perdita graduale della parte esterna del campo visivo). ATTENZIONE: Alla clozapina non vanno assolutamente associati alcuni farmaci che
combinati con essa possono portare alla agranulocitosi: cotrimoxolo, cloramfenicolo, sulfamidici, analgesici, pirazolici, penicillamina, carbomazepina, ticlopiolina ed agenti antineoplastici. I neurolettici depot (iniezioni intramuscolari a lento rilascio) vanno sospesi almeno 6 settimane prima dell'assunzione di clozapina. Può essere pericoloso anche associare alla clozapina alcool, farmaci depressori del sistema nervoso centrale come i narcotici, le benzodiazepine, gli antistaminici, gli anticolinergici, gli antidepressivi e i depressori delle funzioni respiratorie. GLI ANTIDEPRESSIVI
Gli antidepressivi si dividono in 6 grandi categorie: • I-MAO o Inibitori delle monoaminoassidi; • Antidepressivi atipici o di seconda generazione; • SSRI o inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina; • SNRI o inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina. • Inibitori selettivi sia della serotonina che della noradrenalina. Breve storia degli antidepressivi

In generale gli antidepressivi fanno parte insieme ai neurolettici della categoria dei
tranquillanti maggiori, avendone per altro proprietà e ponendo problemi comuni (esempio:
reazioni muscolari e discinesia tardiva). Sono farmaci altamente tossici, in particolare, gli inibitori
delle monoaminoassidi (I-MAO, nome commerciale Parmodalin). Inizialmente la farmacopea
psichiatrica utilizzava amfetamine o farmaci stimolanti per affrontare la cosiddetta depressione.
Queste sostanze che inducono euforia e senso generalizzato di energia hanno però effetti di breve durata e lo stato di piacere trasforma ben presto in disforia (ovvero senso di stanchezza fisica e mentale). Intorno agli anni '50 venne sintetizzata l'Imipramina (da cui derivano gli antidrepressivi triciclici, tra i più noti in commercio: LaroxiI, Anafranil, Protiaden, Tofranil, Noritren, etc.). Nonostante questa sostanza fosse stata pensata per i cosiddetti "pazienti schizofrenici" risultò "utile" per il trattamento sintomatico dei cosiddetti "pazienti depressi". Sempre negli stessi anni l'Iproniaride (I-MAO ovvero Parmodalin) sostanza usata originariamente come antitubercolare cominciò ad essere invece usata come antidrepessivo perché induceva un particolare stato di euforia nelle persone cui veniva somministrato. Anche per la "depressione" come per la "schizofrenia" ed altro vengono proposte un'infinita varietà di ipotesi eziologiche, nessuna delle quali ad oggi sembra convincere del tutto la
stessa comunità scientifica. Al di là di tutto, le statistiche fornite dagli psichiatri fissano intorno al
10/20% della popolazione l'entità di tale disturbo. Ciò significherebbe che in Italia il numero dei
depressi si aggirerebbe intorno ai 5-10 milioni! Una cifra che ci pare francamente eccessiva e forse
dettata da interessi che poco o nulla hanno a che vedere con l'attenzione dovuta alla salute delle
persone.

ATC – antidepressivi ciclici
Laroxil, Anafranil, Protiaden, Tofranil, Noritren: questi i nomi commerciali di alcuni degli
antidepressivi triciclici più utilizzati.
Forse non tutti sanno che.

L'indicazione d'uso di antidepressivi triciclici è molto restrittiva e presuppone una chiarezza diagnostica che spesso è inesistente. Il trattamento con tali farmaci deve mantenersi su dosaggi bassi (20/25 mg) e frazionati durante la giornata. Qualora le prescrizioni non rispettassero tale accorgimento minimo è consigliabile chiedere una riduzione graduale per evitare, oltre ad effetti tossici, stati di particolare eccitazione e gravi reazioni ansiose. Va ricordato che un'estensione degli effetti sedativi di molti psicofarmaci (vedi neurolettici) corrisponde spesso alla comparsa di uno stato depressivo grave che in alcuni casi
arriva al suicidio. Tali sostanze possono inoltre causare nelle persone stati di confusione e
turbamento che se nel gergo psichiatrico vengono definite "psicosi tossiche" in realtà sono da
considerarsi sintomo-effetto indotto dall'uso di psicofarmaci (vedi neurolettici e antidepressivi).

Effetti collaterali


Disturbi extrapiramidali
(esattamente come per i farmaci neurolettici);
Effetti anticolinergici
• disturbi dell'accomodazione visiva (= difficoltà a mettere a fuoco); Effetti adrenalinici
• ipotensione ortostatica (ovvero sensazione di svenimento in posizione verticale); • vertigini; • negli uomini eiaculazione ritardata. Effetti antistaminici
• ipotensione (ovvero pressione bassa); • alterazione dell'attività psicomotoria e cognitiva; • segnalati alcuni casi di discinesia tardiva (vedi neurolettici). Se combinati con bevande alcoliche aumenta la probabilità di incorrere negli effetti collaterali,
soprattutto nell'alterazione della capacità di coordinare i movimenti.
Se combinati con farmaci anticolinergici (antiparkinsoniani, Disipal), soprattutto negli anziani,
possono ulteriormente provocare ritenzione urinaria e ipertrofia prostatica, occlusione intestinale e
problemi cardiaci. Non sono rari i casi di intossicazione acuta e di effetti teratogeni (effetto relativo
allo stato di gravidanza).
I sintomi che devono far sospettare un'intossicazione acuta sono: coma, convulsioni, gravi aritmie.

I-MAO ovvero inibitori delle monoaminoassidi

L'unico preparato a base di I-MAO esistente in Italia è il Parmodalin, la cui prescrizione è spesso associata ad un neurolettico. Se confrontati con gli antidepressivi triciclici non presentano particolari "vantaggi", al contrario espongono il "paziente" a numerose interazioni rischiose e ad effetti collaterali di marcata entità. Questi farmaci introdotti poco dopo gli ATC ed in alternativa e concorrenza ad essi, poiché ritenuti meno rischiosi a livello cardiaco, stando alle ultime ricerche, si sono rivelati in realtà analogamente pericolosi per il funzionamento del cuore. Inoltre è ad alto rischio di tossicità l'interazione tra questi farmaci e alimenti e bevande con elevate quantità di tiramina, ad esempio: Questi farmaci possono causare crisi ipertensive con emorragia cerebrale anche fatale, preceduta da forti mal di testa, vomito, dolore toracico. Tali crisi possono anche essere provocate da un'interazione di questi farmaci con sostanze utilizzate nella preparazione di spray nasali decongestionanti, come l'Efedrina, la
Norefedrina e la Fenileffina.
L'interazione con barbiturici e antistaminici, anestetici e alcool può causare agitazione, convulsioni e coma.
Disturbi a carico dei sistema nervoso centrale
Disturbi a carico dei sistema nervoso autonomo
Altri effetti
ATTENZIONE: La combinazione di mao con antidepressivi triciclici, può causare
convulsioni, ipertensione, collassi cardiocircolatori, con casi di morte improvvisa.
L'utilizzo di questi farmaci può provocare un calo dell'attenzione, è necessario quindi usare estrema cautela nell'uso di macchinari pericolosi e nella guida di autovetture.

Antidepressivi atipici o di seconda generazione

Maneon, Survector, Lantanon, Trittico, questi i nomi commerciali di alcuni degli Gli effetti collaterali di questi farmaci sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli degli antidepressivi triciclici e a quelli degli inibitori delle monoaminoassidi. Sia pur ridotti, quando presenti, gli effetti collaterali di questi farmaci sono particolarmente gravi, vengono infatti segnalate discrasie ematiche (Lantanon) o priapismo (Trittico). Un possibile effetto teratogeno ne sconsiglia l'uso durante la gravidanza e l'allattamento. Molta attenzione va posta nella somministrazione di tali farmaci a persone con cardiopatie, epilessia, o ipertiroidismo. In alcuni casi la presenza di gravissimi effetti collaterali ha significato il ritiro di tali farmaci dal commercio. E' utile infine ricordare che la rarità degli effetti collaterali non può e non
deve da sola far pensare ad un più vantaggioso calcolo rischi/benefici

SSRI ovvero inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina

Fluoxeren, Seroxat, Zoloft, Maveral, Seropram: questi i nomi commerciali di alcuni degli Sono stati introdotti intorno alla metà degli anni '80; salutati come alternativa reale agli antidepressivi triciclici, in realtà producono i soliti effetti indesiderati: nausea, mal di stomaco,
inappetenza, mal di testa, etc. Gli effetti collaterali di questi composti si presentano generalmente
nei primi giorni di trattamento e sono di natura reversibile. Non possono essere assunti da persone
che risultino affette da ulcera gastrica duodenale; molta attenzione nell'uso è consigliata a chi
soffre di gastriti ricorrenti.

PROZAC

Il Prozac merita una nota a parte, in quanto è il primo di una nuova classe di antidepressivi (in tono minore anche per il Fluoxeren valgono le stesse indicazioni). E stato
salutato da tutti come la "pillola della felicità", non bisogna però essere così ottimisti, infatti tanto il
Prozac quanto il Fluoxeren hanno tutti gli effetti collaterali degli antidepressivi maggiori.
Effetti collaterali
Mentre gli antidepressivi portano generalmente ad un aumento del peso, il vantaggio di questi farmaci è dovuto ad un effetto spesso desiderato, ovvero il dimagrimento. Talune ricerche hanno però sottolineato come dietro questo vantaggio si nasconda un rischio di anoressia. Altri effetti comuni sono: A causa di tali effetti e di una promozione così sfacciatamente entusiastica, negli Stati Uniti vi sono un centinaio di cause pendenti contro la casa produttrice Ely Lilly che vanno fino all'accusa di suicidio e omicidio.
Interazioni con altri psicofarmaci

E' considerata pericolosa l'associazione del Prozac con antidepressivi inibitori delle monoaminoassidi (Parmodalin). L'interazione tra Prozac e tali farmaci può comportare una reazione tossica con elevata pressione del sangue, nausea, vomito o shock. li passaggio da un I-MAO al Prozac e viceversa deve prevedere la sospensione del trattamento farmacologico rispettivamente per almeno due e cinque settimane. Non osservare tali precauzioni significa rischiare gravi reazioni tossiche e addirittura la morte. Non ci sono invece ancora dati sufficienti rispetto agli effetti di associazione tra Prozac e tranquillanti minori o ansiolitici e tranquillanti maggiori o neurolettici. Anche per il Prozac vale la regola medica generale della sospensione graduale nei casi di manifesta intolleranza verso il farmaco. E' controindicato l'uso nel caso di persone con disturbi renali, epatici e con gravi allergie. Inoltre nel 10/15% dei casi è stato osservato un aumento dell'ansia dopo due o tre settimane dall'assunzione del Prozac. Questa nota è di particolare rilevanza nei casi di persone con pensieri di suicidio. Non si può far altro che raccomandare estrema cautela e attenzione nel caso di un farmaco come il
Prozac così ampiamente propagandato dalle case farmaceutiche e che in breve tempo è diventato
uno dei farmaci più prescritti e più consumati.

SNRI inibitori selettivi della ricaptazione della noradrenalina

Di recentissima introduzione e disponibili all'inizio del '96 con il nome commerciale di Efexor. Non ci sono dati sufficienti su effetti collaterali e indesiderati.

Inibitori della serotonina e della noradrenalina

Anch'essi introdotti recentemente sul mercato sono disponibili con il nome commerciale
Breve storia dei sali di Litio

I sali di Litio sono noti per il loro valore terapeutico sin dall'antichità. Le prime utilizzazioni in psichiatria risalgono agli anni '40, mentre in Italia sono stati introdotti nel mercato intorno agli anni '70. Il Litio è considerato il farmaco di scelta per il trattamento e la prevenzione delle ricadute in pazienti affetti dalla cosiddetta "sindrome affettiva bipolare", cioè per persone che attraversano periodi di profonda tristezza e disperazione alternati a periodi di eccitazione e euforia. La terapia con il Litio deve essere sempre accompagnata da esami del sangue che ne
controllino il livello presente nell'organismo. Durante la prima settimana i livelli plasmatici del Litio vanno controllati quotidianamente; nel mese seguente almeno una volta la settimana; nei sei mesi seguenti almeno una volta al mese; in seguito una volta ogni 3/4 mesi. Va evidenziato che livelli di litiemia (ovvero presenza di Litio nel sangue) superiori a 1,3 - 1,4 mEg/I sono da considerare indice di tossicità. Per gli effetti teratogeni del Litio la gravidanza va considerata una controindicazione assoluta. Effetti collaterali
Gli effetti indesiderati a cui si può andare incontro nell'utilizzo del Litio sono:
• Disturbi renali quali sete eccessiva, urinazione abbondante, diabete insipido (ovvero sete • Disturbi neurologici quali alterazione della memoria e dell'attenzione, tremori alle mani, • Problemi cutanei quali eruzioni cutanee (simili all'acne), alterazioni del pigmento, psoriasi. • Disturbi gastroenterici quali nausea, diarrea, coliche addominali. • Ipertiroidismo (il Litio interferisce nella sintesi e nella liberazione dell'ormone tiroideo). • Epilessia (diminuzione della soglia convulsiva). • Altri disturbi quali aumento di peso, edema agli arti inferiori e leucocitosi. ATTENZIONEI primi sintomi di tossicità possono già comparire a livelli di poco superiori
a quelli terapeutici.

Sintomi premonitori dei sovradosaggio
sono:
• tremori, vomito, difficoltà di parlare, sonnolenza e in alcuni casi anche coma. Prima di iniziare il trattamento e durante lo stesso, devono essere effettuati diversi
esami del sangue, il controllo della funzionalità del rene e della tiroide, esame cardiologico con elettrocardiogramma e esame neurologico con elettroencefalogramma. La terapia con il Litio non deve essere protratta a vita e se non dà risposte
soddisfacenti va sospesa perché i rischi in cui si incorre non sono bilanciati da benefici.






Source: http://www.giovanialcentro.it/doc/psicofarmaci.pdf

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