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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni di Clinica dei • Diagnosi caso 1: Dispnea acuta in un gatto
Versamento pleurico ed edema polmonare acuto in un gatto con cardiomiopatia ipertrofica
ostruttiva.
Sulla base dei rilievi clinici e di diagnostica per immagini viene formulata la diagnosi di scompenso cardiaco sinistro acuto in soggetto affetto da cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva. Potenziali cause secondarie di ipertrofia ventricolare sinistra quali ipertensione arteriosa sistemica, ipertiroidismo, diabete mellito sono escluse sulla base dei risultati degli esami di laboratorio. L’approccio terapeutico al paziente in scompenso cardiaco acuto ha previsto ossigenoterapia e drenaggio del versamento pleurico come primi interventi di stabilizzazione dello stato respiratorio e successivamente terapia diuretica per via parenterale con furosemide, modulando gli intervalli tra le somministrazioni sulla base della frequenza respiratoria e la produzione di urina. Le cardiomiopatie, intese come alterazioni strutturali e funzionali del muscolo cardiaco, rappresentano la causa più frequente di insufficienza cardiaca e tromboembolismo nel gatto. Esistono forme primarie, in cui l’origine del problema è intrinseca al miocardio stesso ad eziologia non del tutto chiarita e forme secondarie o specifiche, in cui le modificazioni anatomo-funzionali miocardiche conseguono e sono parte integrante del quadro clinico di patologie metaboliche, Tra le cardiomiopatie primarie, la cardiomiopatia ipertrofica (CMI) è la forma prevalente, caratterizzata da ipertrofia concentrica, in particolare del ventricolo sinistro. La cardiomiopatia ipertrofica può essere distinta in ostruttiva e non ostruttiva a seconda della presenza o meno di ostruzione dinamica all’efflusso ventricolare sinistro prodotta o dall’ipertrofia del setto interventricolare o, più spesso, dal movimento sistolico anteriore dei lembi mitralici Le cardiomiopatie feline hanno una prognosi riservata o infausta a breve-medio termine quando diagnosticate in un gatto con sintomi di insufficienza cardiaca congestizia e soprattutto di tromboembolismo arterioso. La manifestazione clinica della malattia può seguire un lungo periodo “silente” in cui le alterazioni morfologiche e funzionali sono già presenti ma il gatto è asintomatico o paucisintomatico. L’intervento farmacologico in questa fase può migliorare significativamente le aspettative di vita del paziente, da cui discende l’importanza della diagnosi precoce della cardiopatia sottostante. Tuttavia, la maggior parte dei gatti affetti viene portata alla visita per l’insorgenza acuta di tachipnea, dispnea conseguenti ad edema polmonare o versamento pleurico o di paralisi del treno posteriore o di un arto anteriore (di solito il destro) per tromboembolismo La cardiomiopatia ipertrofica può colpire gatti di tutte le razze ed età e di entrambi i sessi. E’ segnalata una familiarità nelle razze Maine Coon, Ragdoll, Persiano, British Shorthair ed American Short Hair. Una mutazione del gene codificante per la proteina C legante la miosina è stata identificata come causa di alcune forme di cardiomiopatia ipertrofica nel Maine Coon e nel Ragdoll e sono disponibili test genetici per l’identificazione dei portatori. Ritmo di galoppo intermittente è repertato nella maggior parte dei gatti con cardiomiopatia. Un soffio cardiaco sistolico è più probabile nei gatti affetti da cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva in cui il movimento sistolico anteriore del lembo settale mitralico prodotto dal restringimento del tratto di efflusso ventricolare sinistro ad opera del setto ipertrofico e per alterato orientamento dei muscoli papillari provoca ostruzione dinamica subaortica meso-telesistolica e rigurgito mitralico secondario L’esame radiografico del torace è un momento essenziale dell’approccio diagnostico strumentale al gatto cardiopatico, indispensabile per valutare le dimensioni della silhouette cardiaca ma, soprattutto, per la valutazione di vasi, parenchima polmonare e spazio pleurico. L’aumento delle pressioni di riempimento ventricolare a cui corrisponde incremento delle pressioni atriale sinistra, venose e capillari polmonari è una delle conseguenze emodinamiche delle cardiomiopatie feline, siano esse caratterizzate prevalentemente da disfunzione diastolica (cardiomiopatia ipertrofica e cardiomiopatia restrittiva) o disfunzione sistolica (cardiomiopatia dilatativa). A ciò consegue trasudazione con comparsa di pattern radiografici perivascolari, interstiziali e alveolari di edema polmonare. Inoltre, nel gatto, le vene pleuriche viscerali drenano a livello di vene polmonari (polmone tipo II di Mc Laughlin) e questo spiega la comparsa di versamento pleurico in presenza di ipertensione venosa polmonare. Frustrante è spesso il tentativo di interpretare variazioni di dimensioni delle camere cardiache sia per la frequente sovrapposizione del versamento pleurico, sia per la variabilità dell’aspetto della silhouette del cuore nel gatto in relazione all’età ed allo stato di nutrizione. Vari gradi di cardiomegalia generalizzata sono presenti in tutte le cardiomiopatie feline. Nella cardiomiopatia ipertrofica spesso si osserva soprattutto un aumento del diametro longitudinale dell’ombra cardiaca con dislocazione dorsale della trachea nelle proiezioni latero-laterali e la morfologia “a valentina” nelle proiezioni sagittali, prodotta dalla dilatazione atriale e auricolare sinistra: le dimensioni ventricolari sono generalmente conservate rendendo radiograficamente visibile la protundenza dell’orecchietta sinistra tra ore 2 e ore 3 del margine cardiaco sinistro. Occorre ricordare che la dilatazione atriale sinistra quasi sempre precede la comparsa di sintomi congestizi. La presenza di infiltrati polmonari o di versamento pleurico in assenza di evidenza radiografica ed ecocardiografica di dilatazione atriale è quasi sempre da attribuire a cause L’esame ecocardiografico diventa essenziale alla diagnosi di cardiomiopatia e, in particolare, alla differenziazione delle varie forme data la similarità dei reperti clinici. In corso di cardiomiopatia ipertrofica tramite ecocardiografia è possibile identificare e valutare la distribuzione e l'entità dell’ipertrofia ventricolare che può presentarsi con differenti morfologie (simmetrica o asimmetrica) e stimare le dimensioni delle camere cardiache. Mediante studio M- mode e 2-D possono essere misurati gli spessori telediastolici del setto interventricolare e della parete posteriore che nei soggetti con CMI risultano nettamente superiori a 6 mm ed il diametro telesistolico del ventricolo sinistro che generalmente è inferiore a 5 mm, fino alla completa obliterazione della camera ventricolare in sistole. L’atrio sinistro può presentarsi normale o dilatato in vario grado. La funzione sistolica ventricolare è normale o iperdinamica per il ridotto postcarico. La metodica ecocardiografica è inoltre essenziale per differenziare le forme ostruttive da quelle non ostruttive attraverso la visualizzazione diretta dell’ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro prodotta dal setto ipertrofico e/o dal movimento sistolico anteriore del lembo settale della valvola mitrale che si associa anche a rigurgito mitralico. Tale rigurgito mitralico è generalmente diretto postero-lateralmente. La presenza di ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro, di tipo dinamico, è segnalata da variazioni del profilo del flusso aortico con elevato picco meso-telesistolico della velocità a livello di efflusso sinistro. Essenziale è valutare il profilo del riempimento diastolico, che costituisce un importante fattore prognostico. Il flusso diastolico transmitralico è più spesso indicativo di alterato rilasciamento (aumento del tempo di rilasciamento isovolumetrico, aumento del tempo di decelerazione dell’onda E, diminuzione del rapporto E/A) o pseudonormale ma nelle forme più gravi può assumere una morfologia restrittiva (aumento del rapporto E/A, ridotto tempo di decelerazione dell’onda E, diminuzione del tempo di rilasciamento isovolumetrico). Esami di laboratorio ed altre indagini collaterali La diagnostica di laboratorio è utile a discriminare le cardiomiopatie primarie da quelle secondarie. Nei gatti anziani in cui è identificata ipertrofia miocardica è indicata la determinazione degli ormoni tiroidei, nonché la valutazione della funzionalità renale e della glicemia. La misurazione della pressione arteriosa sistemica è utile a discriminare forme di ipertrofia Occorre comunque tenere presente che fattori secondari possono coesistere ed aggravare una CMP Terapia dello scompenso cardiaco acuto Sulla base dei reperti clinici e strumentali, il gatto viene ricoverato in terapia intensiva e sottoposto a terapia con furosemide (2 mg/kg per via intramuscolare come prima dose e 1 mg/kg IM dopo 60 minuti) ed ossigenoterapia flow-by con monitoraggio della frequenza respiratoria. Dopo 60 minuti dalla seconda somministrazione di furosemide la frequenza respiratoria è scesa a 45 respiri al minuto: si decide di sospendere la somministrazione di ossigeno e di prolungare l’intervallo tra le somministrazioni di diuretico scegliendo il momento sulla base della frequenza respiratoria (nel caso specifico si è proceduto ad una ulteriore somministrazione di 1 mg/kg IM dopo 8 ore e successivamente si è passati ad un mantenimento di 1 mg/kg/ogni 12 ore IM). Dopo 10 ore dal ricovero il soggetto beve e si alimenta spontaneamente. Dopo 36 ore il gatto è dimesso con la seguente terapia di mantenimento: furosemide: 1 mg/kg PO ogni 12 ore, benazepril: 0,5 mg/kg/die ed acido acetilsalicilico: 75 mg ogni 72 ore. In molti casi, i gatti affetti da cardiomiopatia ipertrofica vengono presentati alla visita clinica per l’insorgenza acuta di sintomi di insufficienza cardiaca. Come in precedenza accennato, in tutte le cardiomiopatie feline, indipendentemente dal fatto che siano caratterizzate da disfunzione primariamente diastolica o sistolica, si creano condizioni di ipertensione capillare che possono determinare l’insorgenza di edema polmonare e/o versamento pleurico. In questi animali con dispnea grave, il rischio associato alle manualità per effettuare le valutazioni diagnostiche supera i vantaggi che possono essere conseguiti ed è pertanto indicato attuare una terapia di emergenza per stabilizzare le condizioni del paziente prima di procedere ad approfondimenti diagnostici. Se necessario il gatto deve essere sottoposto ad ossigenoterapia. In alcuni casi può essere utile ricorrere alla sedazione del gatto per ridurre lo stato di ansia e stress ricorrendo all’impiego di butorfanolo. Il versamento pleurico, se presente, deve essere drenato mediante toracentesi per ridurre la fenomenologia respiratoria. Occorre ricordare, infatti, che i diuretici sono molto meno efficaci nella mobilizzazione dei versamenti cavitari che dell’edema tessutale e pertanto la diuresi aggressiva non è un buon sostituto della toracentesi quando la dispnea è conseguenza del versamento pleurico. Qualora il quadro dispnoico sia determinato o aggravato da edema polmonare acuto è invece indicata la somministrazione di diuretici, in particolare furosemide (1-2 mg/kg EV o IM, rispettivamente, a seconda del grado di stress del paziente). La riduzione del precarico mediante diuresi è una misura di carattere generale indicata quando sono presenti segni congestizi. Occorre però prestare particolare cautela a non incorrere in una eccessiva deplezione idrica ed elettrolitica che potrebbe predisporre il gatto a sintomi da bassa gittata (sincope, ipoperfusione periferica con estremità fredde, prolungamento del tempo di riempimento capillare, polso filiforme, ipotermia, shock), ad aritmie e favorire la formazione di trombi intracardiaci. I rischi legati alla terapia diuretica sono particolarmente elevati nelle forme caratterizzate da disfunzione diastolica, in cui i sintomi congestizi si manifestano in soggetti con volumi ventricolari normali o ridotti. In questi animali, una massiccia riduzione della volemia avrebbe sì effetti benefici sui sintomi congestizi, ma rischierebbe di ridurre drasticamente il volume di eiezione e quindi la • Diagnosi caso 2: Il cane che beveva troppo
Diagnosi del caso clinico: timoma epiteliale associato ad ipercalcemia paraneoplastica.
Sulla base dei rilievi clinici, di laboratorio e strumentali viene emesso il sospetto di timoma epiteliale confermato dall’esame istologico della massa asportata. Sebbene non siano state evidenziate cellule epiteliali nei preparati citologici, nonostante prelievi multipli, è noto che l’esame citologico non sempre fornisce risultati affidabili. Infatti, si riscontra spesso una preponderanza di piccoli e medi linfociti, così come numerosi mastociti, e le cellule epiteliali possono mancare. L’assenza di cellule immature della serie linfocitaria, nonché l’assenza di interessamento di linfonodi ed altri organi linfoidi ci ha portato ad escludere la presenza di linfoma, principale diagnosi differenziale in caso di ipercalcemia: escludere il linfoma mediastinico è importante perché questa neoplasia richiede un approccio terapeutico differente rispetto al timoma. E’ stato anche escluso il mastocitoma per mancanza di dati clinici, strumentali e di laboratorio. Il timoma è annoverato tra le possibili cause di ipercalcemia paraneoplastica. Il timoma è una neoplasia mediastinica di infrequente riscontro nel cane. Viene diagnosticato prevalentemente in animali anziani (oltre i 9 anni di età), di taglia medio-grande e non sono segnalate predisposizioni di razza. Origina dall’epitelio timico ma è infiltrato in grado variabile, talora massivamente e prevalentemente da linfociti maturi. L’epitelio è la componente neoplastica. Il timoma può essere “benigno”, ovvero non invasivo e ben incapsulato, oppure “maligno” con tendenza ad invadere i tessuti adiacenti e talora a metastatizzare (soprattutto a linfonodi e polmoni). Il timoma nel cane può associarsi a sindromi paraneoplastiche, in particolare a miastenia gravis su base autoimmune (fino al 40% dei cani) con debolezza muscolare e megaesofago, più raramente ad ipercalcemia paraneoplastica, polimiosite autoimmune, anemia emolitica autoimmune, insorgenza Il quadro clinico è estremamente variabile. I soggetti possono essere asintomatici e la massa mediastinica può essere repertata in modo occasionale durante esecuzione di un esame radiografico, oppure possono manifestare sintomi clinici aspecifici (calo di peso, letargia) oppure più specifici per compressione o invasione delle strutture adiacenti (tosse, dispnea, tachipnea, edema di faccia, collo e arti anteriori per compressione sulla vena cava craniale). Talora sono i sintomi delle sindromi paraneoplastiche a dominare il quadro clinico. In un paziente canino in cui viene rilevata una massa mediastinica, il workup diagnostico prevede l’esecuzione di un esame emato-biochimico completo, profilo coagulativo e aspirazione con ago- fine per esame citologico o biopsia per esame istologico transtoraciche. La diagnosi differenziale si pone in particolare con il linfoma mediastinico. Altre neoplasie meno frequenti localizzate in questa sede sono il carcinoma timico, il carcinoma tiroideo ectopico, cisti branchiali, chemodectomi, sarcomi, e altre neoplasie metastatiche. L’esame ecografico può essere utile per valutare le caratteristiche ecografiche della massa (in genere il timoma ha un aspetto solido-cistico), nonchè per evidenziare metastasi o altre neoplasie La Tomografia Computerizzata è essenziale per definire correttamente le dimensioni, i rapporti con gli organi adiacenti, e la presenza di metastasi in previsione di un intervento di resezione chirurgica. Molto spesso la diagnosi definitiva viene conseguita solo dopo asportazione della massa mediastinica. In particolare può risultare complessa la differenziazione tra timoma e linfoma mediastinico, in particolare quando la condizione si associa ad ipercalcemia. Nel cane, l’ipercalcemia si associa a neoplasia nel 30-60% dei casi. Le forme tumorali che più frequentemente provocano ipercalcemia nel cane sono il linfoma mediastinico (in particolare a cellule T) e l’adenocarcinoma delle ghiandole apocrine dei sacchi paranali, meno frequentemente timoma, carcinoma polmonare, pancreatico, della tiroide, della cute, della ghiandola mammaria, dei surreni, mieloma multiplo, tumori metastatici delle ossa. Il meccanismo più frequente è la produzione di fattori umorali (paratormone –simili o attivanti gli osteoclasti) da parte delle cellule neoplastiche che provocano riassorbimento osseo, oppure l’invasione diretta dell’osso da parte del Il timoma si associa invece frequentemente a miastenia paraneoplastica. In caso di sintomi compatibili è consigliabile effettuare la misurazione degli anticorpi antirecettori dell’acetilcolina. Tale valutazione assume importanza anche ai fini prognostici in quanto i problemi neurologici spesso non si risolvono dopo asportazione chirurgica della neoplasia. La terapia di elezione per i timomi non invasivi è la resezione chirurgica. Nel caso riportato si decide di percorrere la via della chirurgia. A tale scopo viene richiesto un consulto al prof. Paolo Buracco presso l’Ospedale Veterinario dell’Università degli Studi di Torino. Buracco decide di programmare l’esecuzione di una TC eventualmente seguita da intervento di asportazione chirurgica della massa, in assenza di infiltrazione delle strutture adiacenti. Il cane viene quindi sottoposto a TC mettendo in evidenza la presenza di una neoformazione mediastinica di circa 16,7 cm di lunghezza x 6,5 cm di larghezza, che appare disomogenea con alcune aree cistiche al suo interno. La lesione comprime dislocando verso l'alto la trachea ed il cuore che risulta notevolmente compresso dorsalmente a sinistra, inoltre i lobi polmonari craniali Dopo la somministrazione del mezzo di contrasto si osserva un intenso enhancement piuttosto disomogeneo e a margini definiti,la massa comprime tutti i grossi vasi ma non si rilevano segni La parete toracica è nella norma; non si osservano lesioni focali parenchimali nè falde di versamento pleurico. Parenchima epatico (nella porzione inclusa nell'esame) nella norma per La TC conferma la fattibilità dell’intervento e si procede ad asportazione chirurgica della massa previa stereotomia. Dopo intervento viene posizionato un tubo toracostomico ed il paziente ricoverato in terapia intensiva con monitoraggio seriale delle condizioni cliniche e della calcemia. Nel postoperatorio si evidenzia la comparsa di ipocalcemia grave. Sintomi frequentemente associati a questa disionia sono lo sfregamento del muso, tremori/fascicolazioni, alterazioni comportamentali (aggressività, irrequietezza, disorientamento, ipereattività agli stimoli), rigidità dell’andatura. La causa dell’ipocalcemia post-resezione chirurgica del timoma nel caso specifico può essere attribuita all’ipercalcemia cronica che ha preceduto l’intervento con conseguente Nei giorni successivi si assiste ad una progressiva diminuzione della calcemia ed il cane manifesta una rapida ripresa delle condizioni generali. Dopo 3 giorni dall’intervento l’animale inizia a manifestare grattamento del muso e irrequietezza. Si evidenzia una marcata diminuzione del calcio ionizzato (0,75 mmol/l) che richiede la somministrazione di calcio gluconato per via endovenosa (1 ml/kg endovena in 20 minuti di soluzione di calcio gluconato al 10%) e successiva somministrazione PO di calcio carbonato (50 mg/kg/tid) e calcitriolo (0,02 µg/kg/die). Il calcio ionizzato inizia progressivamente ad aumentare e dopo 3 giorni dall’inizio delle terapia PO raggiunge valori ancora subnormali (1,15 mmol/l di calcio ionizzato) ma tali da consentire la dimissione del paziente con l’indicazione di procedere nell’arco di alcune settimane alla progressiva riduzione della frequenza di somministrazione del calcio carbonato fino a sospensione anche del calcitriolo. La sospensione completa dei farmaci è stata possibile dopo due mesi dall’intervento. Allo stato attuale il cane gode di ottime condizioni di salute e non ci sono segni di recidiva della • Diagnosi caso 3: Il cane dal “cuore grande”
Versamento pericardico con tamponamento cardiaco e scompenso cardiaco destro.
Elettrocardiografia
In corso di versamento pericardico sono di frequente riscontro tachicardia sinusale, complessi QRS di ampiezza ridotta (R < 1mV in DII), alternanza elettrica ed elevazione del segmento ST. Più raramente e prevalentemente in animali con infiammazione del pericardio, si possono osservare aritmie sopraventricolari e ventricolari di vario tipo. Questi segni elettrocardiografici non sono patognomonici di patologia pericardica. Infatti, complessi QRS di voltaggio ridotto possono essere presenti nell’ipotiroidismo, nel versamento pleurico, nell’ipovolemia, in presenza di voluminose masse intratoraciche, in animali obesi o, addiritura in L’alternanza elettrica è una variazione, da battito a battito, del voltaggio dei complessi QRS, e talvolta dell’onda T. Questo tipo di riscontro elettrocardiografico nel caso del versamento pericardico è causato dal movimento altalenante del cuore all’interno del sacco pericardico, tuttavia lo si riscontra con frequenza anche in cani sani con tachicardia sinusale fisiologica e per questo motivo deve essere interpretato con cautela. Il sopraslivellamento del segmento ST è di solito lieve ed è indicativo di una lesione epicardica. Le anomalie elettrocardiografiche possono scomparire dopo pericardiocentesi. Esame radiografico
L’esame radiografico del torace può dare indicazioni utili per la valutazione dell’ombra cardiaca, delle strutture mediastiniche, dei campi polmonari e degli spazi pleurici. Piccole quantità di versamento pericardico possono non essere evidenziate radiograficamente. Quando il liquido è, invece, più abbondante il cuore assume una forma globosa con perdita delle incisure atrio-ventricolari e auricolari. I margini appaiono netti come conseguenza dell’immobilità del pericardio che si allontana dalle pareti cardiache in movimento a causa del liquido di versamento. L’entità della cardiomegalia dipende dalla quantità di liquido accumulato. La differenziazione del versamento pericardico da altre cause di cardiomegalia (es. cardiomiopatia dilatativa) non è sempre agevole per cui si rendono necessari esami supplementari come Nel caso di tamponamento sono comuni i quadri dell’insufficienza cardiaca destra: ingrandimento della vena cava caudale, versamento pleurico, epatomegalia, splenomegalia e ascite (valutabili con una radiografia dell’addome). La perfusione polmonare e quindi il calibro dei vasi solitamente si riduce come conseguenza della bassa portata cardiaca. Più raramente si riscontano aree di radiopacità polmonari compatibili con edema e distensione delle vene polmonari. La presenza di neoplasie della base del cuore può provocare la deviazione della trachea o dei bronchi principali e alterare la silhouette cardiaca. Linfoadenopatia ilare o del linfonodo retrosternale può essere presente in caso di linfoma o di neoplasie disseminate. Infine, eventuali metastasi polmonari possono essere valutate radiograficamente considerando che Ecocardiografia
E’ la metodica più sensibile per evidenziare versamenti pericardici, anche di entità molto ridotte, e la presenza di masse cardiache. Permette di valutare le eventuali anomalie del movimento delle pareti atrio-ventricolari, il grado di tamponamento cardiaco, le eventuali lesioni intrapericardiche o intracardiache e le alterazioni delle pareti cardiache. Ecograficamente il versamento pericardico si presenta come uno spazio anecogeno attorno al cuore tra l’epicardio e il pericardio. Il tamponamento si manifesta con il collasso diastolico dell’atrio e talvolta del ventricolo destro. All’esame Doppler spettrale si riconosce una marcata variazione respiratoria della velocità dei flussi. Durante l’inspirazione il flusso tricuspidale e polmonare aumenta mentre quello mitrale e aortico si riduce e viceversa in espirazione. Esami di laboratorio
Gli esami ematici (emocromo, formula leucocitaria ed esami biochimici) forniscono informazioni aspecifiche. L’esame citologico del liquido di versamento raramente contribuisce in modo determinante alla diagnosi definitiva. La differenziazione di un versamento emorragico neoplastico da un emopericardio idiopatico benigno sulla base dell’esame citologico è pressoché impossibile. Infatti, le cellule mesoteliali reattive, formatesi in seguito all’azione irritante del versamento sulle sierose, sono molto simili alle cellule neoplastiche. Inoltre, alcuni tumori come il chemodectoma e l’emangiosarcoma non subiscono sfaldamento per cui raramente si riconoscono cellule neoplastiche nel liquido. Frequentemente, si rende necessario l’esame istologico di parte del pericardio per Negli ultimi anni sono stati effettuati diversi studi sulla validità dell’utilizzo di metodiche non invasive per la diagnosi eziologica precoce. E’ stata proposta la misurazione del pH del liquido di versamento per differenziare i versamenti infiammatori da quelli neoplastici. Secondo questi studi il liquido infiammatorio (es. versamento idiopatico benigno) tende ad avere un pH più basso rispetto al pH ematico (solitamente inferiore a 7) a differenza del liquido non infiammatorio (es. versamenti neoplastici o per rottura atriale) che tende ad avere un pH basico. Più recentemente, però, è stato rilevato che i risultati della misurazione del pH sui vari tipi di versamento sono sovrapponibili e non permettono di differenziare in modo attendibile la natura del liquido. Recentemente, è stato proposto l’utilizzo in medicina veterinaria di marker cardiaci, le troponine, usate in campo umano per la diagnosi di ischemia e necrosi miocardica. Le troponine sono di tre tipi I, C e T. La troponina C (cTnC) è presente nella stessa identica forma sia nel muscolo cardiaco che in quello scheletrico limitando in questo modo il suo valore diagnostico. Invece, le troponine I (cTnI) e T (cTnT) sono presenti in grandi quantità solo all’interno dei miociti cardiaci e il loro rilascio nel circolo sanguigno avviene solo in caso di ischemia e necrosi miocardica. In medicina umana sono ampiamente usate per la diagnosi dell’infarto miocardico acuto e l’innalzamento della concentrazione di troponina è stato associato a sepsi, contusione cardiaca e insufficienza cardiaca congestizia avanzata ma teoricamente qualsiasi agente responsabile di ischemia miocardica e necrosi provoca aumento dei livelli sierici di troponine. In medicina veterinaria, elevate concentrazioni di troponine sono state associate a insufficienza cardiaca congestizia, terapia con doxorubicina, babesiosi, contusione cardiaca e torsione-dilatazione gastrica. Se si considera che i tumori cardiaci maligni sono associati a necrosi miocardica, i cani con versamento pericardico di natura neoplastica dovrebbero presentare concentrazioni di troponine superiori rispetto ai cani con versamento idiopatico benigno. Infatti uno studio effettuato da Shaw e coll. ha dimostrato che i cani con emangiosarcoma cardiaco presentavano concentrazioni di cTnI significativamente più alte rispetto ai soggetti con versamento pericardico idiopatico. La pericardiocentesi è una procedura con valenza sia diagnostica che terapeutica. Rappresenta il trattamento di elezione per la stabilizzazione dell’animale affetto da tamponamento cardiaco, con l’eccezione del versamento pericardico indotto da emorragia attiva, ed è in grado di riportare il paziente in uno stato emodinamico pressoché normale. Inoltre, permette di prelevare campioni del liquido di versamento da sottoporre a esami citologici, colturali e test sierologici. La procedura è relativamente semplice e, quando effettuata con le dovute precauzioni, sicura e priva di gravi complicazioni. E’ solitamente effettuata dal precordio destro in modo da ridurre il rischio di lacerazione dei lobi polmonari e dei vasi coronarici principali, localizzati prevalentemente a sinistra. L’animale può essere posizionato in decubito laterale (destro o sinistro) o sternale. La parte viene tricotomizzata e disinfettata. Il sito della centesi può essere determinato usando varie tecniche. Se l’ecocardiografia è disponibile, si sceglie il punto dove è presente maggior quantità di versamento. In alternativa, in base alla posizione del cuore nelle radiografie del torace si individuano gli spazi intercostali (solitamente 4°-6° s.i.) corrispondenti all’area cardiaca e si effettua la pericardiocentesi a livello della giunzione costo-condrale o appena dorsalmente o ventralmente ad essa. Si utilizza un ago o un catetere, le cui dimensioni variano in funzione della taglia dell’animale, un tubo- raccordo, un “rubinetto a tre vie” e una siringa, in modo da garantire una pressione negativa costante durante il drenaggio. Si consiglia di mantenere il soggetto sotto continuo monitoraggio elettrocardiografico per la durata dell’operazione per individuare eventuali aritmie prodotte dal contatto tra l’ago e il miocardio. Anche se la pericardiocentesi è una procedura che si effettua con l’animale sveglio, in pazienti particolarmente agitati si può ricorrere a una leggera sedazione evitando i farmaci ipotensivi. In assenza di emorragia attiva (p.es. avvelenamento da rodenticidi, rottura atriale) si consiglia di drenare la maggior quantità possibile di liquido. In caso contrario, si rimuove solo il volume necessario per risolvere il tamponamento cardiaco evitando in questo modo di correre il rischio di L’impiego di farmaci ad azione diuretica, come terapia alternativa alla pericardiocentesi, è controindicata, considerata la loro capacità di ridurre il precarico e la gittata cardiaca provocando, addirittura, il peggioramento delle condizioni cliniche del paziente con incremento, in alcuni casi, dell’azotemia e comparsa di debolezza e sincopi. E’ altrettanto sconsigliato l’utilizzo di farmaci inotropi, in quanto la funzione sistolica è conservata, di farmaci vasodilatatori e ACE- inibitori, che Sia la terapia che la prognosi variano a seconda della patologia primaria, responsabile della Versamento idiopatico
La procedura di elezione è rappresentata dalla pericardiocentesi considerando che circa il 50% dei casi guarisce dopo il primo o il secondo intervento. Se dopo due o tre interventi di pericardiocentesi, la patologia recidiva (in un tempo variabile da giorni ad anni) è consigliabile ricorrere alla pericardiectomia subfrenica considerando che a lungo termine l’azione “irritante” del versamento sul pericardio potrebbe esitare in pericardite costrittiva. L’intervento consiste nell’asportazione di una parte del pericardio ventralmente ai nervi frenici, per via toracotomia o toracoscopia, in modo che il liquido venga drenato nello spazio pleurico per essere successivamente assorbito con maggior facilità. Per evitare le recidive è consigliabile asportare una “finestra” pericardica sufficientemente ampia. Successivamente all’intervento la maggior parte dei cani rimane asintomatica mentre una piccola percentuale potrebbe necessitare di drenaggio ricorrente del versamento pleurico. Un’alternativa è rappresentata dalla pericardiectomia transcutanea con catetere a pallone. L’intervento viene effettuato posizionando un catetere a pallone, tramite pericardiocentesi, in modo che attraversi a tutto spessore il pericardio parietale. Quando il pallone viene insufflato il pericardio si rompe formando una “finestra” che permette al liquido di riversarsi all’interno della cavità toracica. Versamenti neoplastici
Le neoplasie cardiache e pericardiche hanno una prognosi riservata. L’emangiosarcoma, il tumore
cardiaco più frequentemente responsabile di versamento pericardico, è altamente maligno. La pericardiocentesi, nei casi in cui si sospetta la presenza di una lesione della parete cardiaca, può provocare una recidiva acuta dell’emorragia perché riduce l’effetto tamponante sulla lesione. Anche nei casi in cui il sanguinamento non avviene in modo così immediato, il drenaggio ha effetti limitati e la collezione di liquido si ripropone entro pochi giorni. La pericardiectomia può limitare le recidive del tamponamento cardiaco ma, permettendo al liquido di drenare in cavità toracica, facilita la diffusione della neoplasia. L’asportazione dell’orecchietta destra costituisce un intervento palliativo perché solitamente al momento della diagnosi sono già presenti metastasi, non sempre macroscopicamente apprezzabili, ai polmoni o ad altri organi vitali. Infine, i protocolli chemioterapici si sono dimostrati di scarsa utilità. I tumori della base cardiaca hanno una crescita lenta, sono più o meno localmente invasivi e
raramente metastatizzano. Generalmente, la posizione della neoplasia non permette l’asportazione completa della massa con conseguenti alte percentuali di recidive. In questi casi è indicata la pericardiectomia percutanea con catetere a pallone o la pericardiectomia parziale che sono in grado di garantire buoni risultati anche a lungo termine. Gli animali con linfosarcoma cardiaco e/o pericardico rispondono bene alla chemioterapia
abbinata, eventualmente, a interventi di pericardiocentesi in grado di risolvere il tamponamento In assenza di una terapia efficace contro i mesoteliomi pericardici, vengono effettuate
pericardiocentesi, a intervalli di tempo più o meno lunghi, in modo da prolungare la vita del paziente e risolvere i segni clinici legati al tamponamento. La pericardiectomia, anche in questo caso, causa la disseminazione metastatica del tumore nella cavità toracica con conseguente prognosi infausta. Sono state impiegate iniezioni intracavitarie di cisplatino in associazione o meno alla pericardiectomia e alla chemioterapia sistemica che hanno dato buoni risultati sulla sopravvivenza a lungo termine di animali con mesoteliomi pericardici, pleurici o peritoneali. Versamenti infettivi
Le pericarditi infettive sono trattate con terapia antimicrobica specifica, in base ai risultati degli esami colturali e dell’antibiogramma, associata a drenaggio continuo (mediante catetere) o intermittente (mediante centesi) del liquido pericardico. La complicazione più frequente in questi casi è rappresentata dal deposito di fibrina con sviluppo di pericardite costrittiva ed è, per questo motivo, consigliabile la pericardiectomia appena le condizioni cliniche del paziente si stabilizzano. L’esplorazione chirurgica del pericardio e del torace può risultare necessaria, nel caso di recidive del versamento, per l’asportazione di eventuali corpi estranei, per l’ispezione degli organi toracici e Rottura atriale sinistra
La pericardiocentesi si effettua esclusivamente nei pazienti con tamponamento cardiaco grave togliendo piccole quantità di liquido in modo seriale fino a quando le condizioni cliniche dell’animale migliorano. La prognosi di questi casi è riservata considerando che la lesione difficilmente si ripara e che solitamente si tratta di animali con patologie cardiache avanzate. Nei casi di rottura atriale traumatica e formazione ricorrente di versamento pericardico potrebbe essere necessario l’intervento di riparazione chirurgica . Cause varie
Per il trattamento dell’emorragia e del conseguente emopericardio, in seguito ad avvelenamento da rodenticidi, viene impiegata la vitamina K1 mentre nei casi più gravi potrebbe risultare necessaria la La formazione di versamento pericardico a causa di un’insufficienza cardiaca congestizia richiede la somministrazione di farmaci per il trattamento della patologia cardiaca primaria. • Diagnosi caso 4: Il gatto che respirava rumorosamente
Diagnosi del caso clinico: Poliposi nasofaringea bilaterale e otite media bilaterale.
Il gatto viene sottoposto a rinoscopia ed endoscopia di rinofaringe e laringe. Alla rinoscopia i turbinati nasali appaiono di normale topografia. Una modesta quantità di muco è presente nei meati medio e ventrale della cavità nasale destra e nel meato ventrale della cavità nasale sinistra. Nel rinofaringe si evidenzia una voluminosa neoformazione globosa, rossastra ricoperta da muco giallastro che lo ostruisce completamente. La laringe presenta normale motilità e anatomia. Si conclude che il quadro è riferibile a neoformazione rinofaringea sospetta per polipo di derivazione tubarica. Si procede quindi ad asportazione per trazione di un polipo a sinistra di dimensioni maggiori e localizzato posteriormente e di un polipo a destra (Figura 4). Il controllo dopo trazione mostra il rinofaringe libero e di normale diametro. L’esame istopatologico ha confermato il sospetto di polipo nasofaringeo. Non è stata effettuata miringotomia o osteotomia della bolla timpanica. Successivamente all’intervento il gatto è stato sottoposto ad un ciclo di terapia antibiotica con amossicillina-acido clavulanico e cortisonica con prednisolone. Nel gatto i polipi sono neoformazioni benigne che originano dalla tuba uditiva o dalla bolla timpanica e possono essere distinti, relativamente alla loro estensione, in: polipi dell’orecchio medio, se occupano la bolla timpanica; polipi dell’orecchio esterno, se si localizzano nel condotto uditivo esterno; polipi nasofaringei, qualora la loro espansione avvenga lungo la tuba uditiva, per poi occupare il nasofaringe. Macroscopicamente si presentano rotondeggianti, lisci, di colore rosa e spesso sono peduncolati. Generalmente sono colpiti gatti di età inferiore a 3 anni, sebbene sia riportato un range di età da 3 mesi a 15 anni, e non è segnalata predisposizione di sesso e di razza. Di solito i polipi sono monolaterali, raramente possono essere bilaterali. Sono segnalati anche polipi infiammatori dei turbinati nasali: inizialmente interpretati come una manifestazione più rara dei polipi nasofaringei, attualmente sono ritenuti un’entità nosologica a sé stante, in quanto originano dai turbinati nasali e non dalla tuba di Eustachio. L’eziologia dei polipi nasofaringei non è completamente chiarita: la prevalenza nei gatti giovani ha portato alla teoria che possa trattarsi di anomalie congenite aventi la loro origine dalla prima tasca faringea da cui derivano tuba di Eustachio e cavità dell’orecchio medio. Una teoria alternativa è che si formino in seguito a infiammazione cronica dell’orecchio medio per infezioni respiratorie croniche o per otite esterna cronica, ad esempio da acari. Il polipo potrebbe formarsi come risposta del tessuto ad un insulto infiammatorio prolungato che porta a disfunzione mucociliare, ipersecrezione di muco che si riversa nell’orecchio medio con potenziale sviluppo di tessuto di granulazione infiammatorio con o senza contaminazione batterica. La presenza della neoformazione poi alimenta la flogosi, impedendo totalmente o in parte il drenaggio del secreto delle ghiandole tubulari e mucipare, presenti nell’epitelio dell’orecchio medio. I segni clinici che caratterizzano la poliposi nasofaringea sono rappresentati da turbe respiratorie di diversa gravità per ostruzione delle vie aeree superiori, scolo nasale da sieroso, a mucoso o mucopurulento. Può comparire anche disfagia. In presenza di un polipo nell’orecchio medio, i sintomi possono essere riferibili a quelli di un’otite media o interna (sindrome di Horner, testa piegata da un lato, atassia vestibolare e nistagmo e vomito). Quando il polipo è localizzato nell’orecchio esterno, la sintomatologia può essere sovrapponibile a quella di un’otite esterna. L’iter diagnostico standard prevede un’accurata anamnesi e visita clinica con palpazione ed ispezione del nasofaringe, l’esame otoscopico e l’investigazione radiografica del nasofaringe e delle bolle timpaniche. I principali reperti radiografici in corso di polipi nasofaringei sono: opacità dei tessuti molli sopra il palato molle; osteite della bolla con opacità dei tessuti molli all’interno della bolla e ispessimento dell’osso. Un ulteriore ausilio per definire al meglio la diagnosi e la localizzazione dei polipi è la Tomografia Computerizzata che consente di investigare con maggiore precisione e ricchezza di dettagli le alterazioni delle bolle timpaniche e dei tessuti molli viciniori. La terapia di elezione è l’asportazione chirurgica mediante trazione/avulsione del polipo. L’osteotomia della bolla timpanica è suggerita da alcuni autori in caso di coinvolgimento dell’orecchio medio, tuttavia questa tecnica può presentare rischi considerevoli di danno al nervo ipoglosso e al plesso timpanico, all’arteria linguale e rischio di sviluppo di sindrome di Horner, malattia vestibolare e paralisi del nervo facciale. Oltre alla chirurgia in taluni casi è opportuno effettuare anche terapia medica, che prevede l’utilizzo di antibiotici, previo esame colturale e antibiogramma. Alcuni autori consigliano anche la somministrazione di cortisonici, per ridurre il • Diagnosi caso 5: Il cane dalla strana andatura
Iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente associato a miopatia da steroidi
Sulla base del quadro clinico, di laboratorio e di diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente associato a miopatia da steroidi. Il paziente è stato sottoposto a terapia con trilostano iniziando con il dosaggio di 2 mg/kg ogni 12 ore. E’ stato anche prescritto antibiotico sulla base dei risultati dell’antibiogramma per l’infezione delle vie urinarie. A distanza di una settimane è stato effettuato il test di stimolazione con ACTH che ha evidenziato valori di cortisolo post-stimolazione ancora elevati. E’ stata pertanto aumentata la posologia e indicato un successivo controllo dopo 2 settimane. Il cane non si è presentato al follow- up. Contattato telefonicamente, il proprietario ha riferito che il cane è morto improvvisamente. Non L’iperadrenocorticismo è l’insieme delle alterazioni cliniche e laboratoristiche connesse ad uno stato di ipercortisolemia inappropriata e prolungata. Colpisce generalmente cani di età superiore a 6 anni (età media 10 anni). Si distingue un iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente, un iperadrenocorticismo surrenalico e un iperadrenocorticismo iatrogeno. L’ipofisi dipendente è il più frequente, rappresentando circa l’80-85% dei casi, è legato ad una neoplasia ipofisaria secernente, generalmente benigna (per lo più microadenomi, meno frequentemente macroadenomi). Sono colpiti prevalentemente cani di piccola taglia (<20 kg). Tali neoplasie secernono ACTH che provoca iperplasia surrenalica bilaterale ed eccessiva produzione di cortisolo da parte della corteccia surrenale. L’iperadrenocorticismo surrenale-dipendente è legato alla presenza di tumori (adenomi o carcinomi) a carico della corteccia surrenale che secernono cortisolo in quantità eccessiva ed indipendentemente dal controllo ipofisario. Nella maggioranza dei casi la neoplasia è monolaterale con atrofia del surrene controlaterale, in rari casi entrambe le surrenali sono coinvolte nel processo neoplastico. Le neoplasie surrenaliche mostrano un’incidenza maggiore nei soggetti di peso superiore a 20 Kg e nelle femmine (60-65%). L’iperadrenocorticismo iatrogeno consegue alla somministrazione prolungata o eccessiva di La sintomatologia clinica è estremamente ampia, non tutti i sintomi sono contemporaneamente presenti e il grado di gravità è variabile. I più comuni sono: - poliuria e polidipsia per interferenza con l’azione dell’ADH a livello di tubuli collettori distali renali, determinando una forma di diabete insipido nefrogenico secondario, oppure per l’instaurarsi di diabete insipido centrale, con una vera e propria carente secrezione di - polifagia per effetto diretto dei glucocorticoidi; - aumento di volume dell’addome per epatomegalia, ipotonicità dei muscoli addominali, ridistribuzione del grasso e sovradistensione cronica della vescica urinaria; - tachipnea/dispnea per accumulo di grasso nella cavità toracica e a livello addominale, ipotonicità dei muscoli respiratori, nei casi più gravi tromboembolismo polmonare; - alterazioni di cute e mantello con alopecia simmetrica bilaterale soprattutto sul tronco per atrofia follicolare e pilosebacea che determina caduta del pelo e mancata ricrescita in assenza di prurito. La cute è sottile, ipotonica, e può facilmente essere sede di petecchie e soffusioni, nonchè di infezioni secondarie da batteri, miceti acari. Possono riscontrarsi comedoni, aree di iperpigmentazione focali e diffuse e raramente la “calcinosi cutis”; - letargia e intolleranza all’esercizio a causa dell’ipotono e ipotrofia muscolare. - sintomi neurologici con sensorio depresso o stuporoso, atassia, tetraparesi, movimenti di maneggio (circling), disorientamento, alterazioni comportamentali, soprattutto in caso di macroadenomi ipofisari con compressione sulle strutture circostanti; - contrazioni muscolari persistenti e rigidità muscolare che mimano una miotonia; - sintomi a carico dell’apparato riproduttore con atrofia testicolare, anestro. I sintomi muscolo-scheletrici più frequentemente associati ad iperadrenocorticismo nel cane sono legati a debolezza muscolare: gli animali tendono a stancarsi facilmente e la debolezza della muscolatura addominale contribuisce all’aspetto a botte dell’addome. Più raramente i cani affetti da iperadrenocorticismo sviluppano una miopatia specifica caratterizzata da contrazione muscolare attiva e persistente dopo interruzione dello sforzo volontario. La causa di questo fenomeno è sconosciuta e viene osservata in una percentuale molto bassa di cani con iperadrenocorticismo (< I reperti clinici in corso di miopatia correlata ad iperadrenocorticismo sono simili a quelli della miopatia da steroidi esogeni, ovvero rigidità degli arti, andatura rigida e incerta , ipertrofia dei muscoli paravertebrali e prossimali degli arti e debolezza. La sintomatologia tende a coinvolgere primariamente gli arti posteriori e successivamente gli anteriori. La diagnosi di miopatia da steroidi si basa sui dati clinici, di laboratorio ed è confermata dall’esame elettromiografico che evidenzia, in particolare nei muscoli paravertebrali ed appendicolari prossimali, tracciati e sonorità caratteristiche delle scariche ripetitive complesse. Il trattamento dell’iperadrenocorticismo migliora i sintomi di miopatia, ma il processo è lento. Test diagnostici
Test di stimolazione con ACTH: è un test semplice, rapido, poco costoso in grado di confermare
la diagnosi di iperadrenocorticismo e di identificare i soggetti con ipercortisolismo iatrogeno. Non è in grado di differenziare tra iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente e surrenalico. E’ il test utilizzato per il monitoraggio della terapia. Il protocollo più utilizzato consiste nella misurazione del cortisolo basale e dopo 1 ora dalla somministrazione endovena o intramuscolo di 0,25 mg di ACTH Test di soppressione con desametasone ad alte dosi: è consigliato quando il test a basse dosi non
è in grado di differenziare tra iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente e surrenalico in quanto una neoplasia ipofisaria che non ha risposto alla dose di 0,01 mg/dl (bassa dose) di desametasone potrebbe rispondere a una dose 10 volte maggiore (0,1 mg/kg di desametasone). Al contrario, in corso di neoplasia surrenalica non ci sarà alcuna soppressione del cortisolo ematico indipendentemente dalla dose utilizzata. Rapporto Cortisolo urinario/Creatinina urinaria (UC:CR): test di facile esecuzione si basa sul
fatto che l’escrezione urinaria di cortisolo è aumentata nei soggetti affetti da iperadrenocorticismo. Il rapporto con l’escrezione urinaria di creatinina ha lo scopo di sopperire al problema delle fluttuazioni plasmatiche e quindi di escrezione urinaria del cortisolo. E’ dotato di una bassa specificità, ma ha una sensibilità molto alta. Il rapporto UC:CR può essere stimato in concomitanza con la somministrazione di desametasone ad alte dosi. Il test UC:CR con desametasone ad alte dosi si effettua prelevando le urine per minzione spontanea per 2 mattine consecutive e somministrando 0,1 mg/Kg di desametasone per bocca dopo il secondo prelievo di urine, per tre volte a distanza di 8 ore. Un terzo campione di urine deve essere prelevato dopo 8 ore dalla terza somministrazione di desametasone. Sui tre campioni di urine si valuta l’UC:CR. Tale test è considerato indicativo di iperadrenocorticismo ipofisi-dipendente quando il rapporto UC:CR del terzo campione è più del 50% inferiore al valore medio dell’UC:CR La terapia dell’iperadrenocorticismo ipofisario è prevalentemente medica. L’ipofisectomia chirurgica, trattamento di elezione nell’uomo, è praticata in centri altamente specialistici e soprattutto in presenza di macroadenomi ipofisari con sintomi neurologici. La terapia medica si basa sulla somministrazione di mitotano, derivato del DDT che causa una necrosi progressiva della corteccia surrenale o di trilostano, un inibitore competitivo della 3β- idrossisteroido-deidrogenasi. Il trilostano inibisce la produzione di progesterone e di 17- idrossiprogesterone, con conseguente riduzione della sintesi dei vari steroidi prodotti dalle surrenali, dalle gonadi e dalla placenta. L’inibizione della steroidogenesi delle surrenali si manifesta a dosi inferiori rispetto a quelle necessarie ad inibire la sintesi di steroidi negli altri organi. Tale farmaco è l’unico registrato in Italia per la terapia dell’ iperadrenocorticismo nel cane. • Diagnosi caso 6: Il gatto a cui si è dilatata improvvisamente una pupilla
Distacco retinico monolaterale causato da ipertensione arteriosa sistemica secondaria a
insufficienza renale cronica
L’occhio è un organo riccamente vascolarizzato e, per la sua posizione, particolarmente vulnerabile. Può essere bersaglio di diverse malattie, anche a carattere sistemico, specialmente quelle che coinvolgono l’apparato vascolare (per esempio, ipertensione sistemica, sindromi anemiche e da iperviscosità). Ne consegue che in molte patologie di pertinenza internistica la visita oculistica di base può costituire un ausilio diagnostico determinante: talora sono le complicazioni oculari che consentono la diagnosi della patologia sistemica primaria sottostante. I gatti maggiormente a rischio di ipertensione sono solitamente anziani. I segni clinici dell’ipertensione sono riferibili al danno causato dall’elevata pressione sugli organi con maggiore vascolarizzazione arteriosa, come cuore, rene, encefalo, occhio. Occhio ed ipertensione
La maggior parte dei gatti con ipertensione viene portata alla visita per la valutazione di anomalie oculari quali midriasi, ifema o cecità improvvisa uni- o bilaterale (circa il 50%). La retinopatia ipertensiva (emorragie retiniche, distacchi della retina) e l’ifema, presenti solo nei casi più gravi di ipertensione umana, sono i più comuni reperti all’esame del fondo oculare nei gatti. Questo è probabilmente legato al fatto che nella maggior parte dei gatti la diagnosi viene formulata ad uno stadio più avanzato della patologia, piuttosto che ad una più elevata diffusione di questi reperti nei gatti ipertesi rispetto all’uomo. I segni della retinopatia ipertensiva derivano dalle risposte messe in atto dal sistema arterioso retinico per contrastare gli effetti dell’ipertensione sistemica. La prima risposta è rappresentata dalla vasocostrizione precapillare delle arteriole retiniche che, quando marcata e persistente, può provocare uno stato ischemico con necrosi delle fibre muscolari lisce delle arterie e degenerazione della retina. Successivamente, le cellule endoteliali e la muscolatura liscia dei vasi cedono, così che i vasi si dilatano ed assumono andamento tortuoso. L’indebolimento delle pareti vasali può essere tale da provocare rottura e passaggio di eritrociti nei tessuti retinici circostanti. Le alterazioni rilevabili all’esame del fondo dell’occhio nelle fasi precoci della retinopatia ipertensiva sono rappresentate da edema retinico, nonchè da emorragie locali che in genere non sono accompagnate da deficit visivi. Nei soggetti con retinopatia ipertensiva avanzata si riscontrano emorragie e distacco della retina: in questo caso sono presenti gravi deficit visivi. Altri reperti oculari segnalati in gatti colpiti da ipertensione comprendono emorragie del corpo Le alterazioni oculari generalmente migliorano nell’arco di 2-6 settimane di trattamento anti- ipertensivo, ma il distacco retinico comporta una prognosi infausta per quanto riguarda il recupero della vista, sebbene in uno studio sia stato riportato il recupero della funzione visiva in gatti con retinopatia da ipertensione. In corso di nefropatia, diversi meccanismi coinvolti nella regolazione
della pressione sanguigna vengono attivati impropriamente. La riduzione del flusso ematico renale induce il rilascio di renina da parte dell’apparato juxtaglomerulare. L’attivazione del sistema renina- angiotensina accresce il tono vascolare, innalza la pressione sanguigna e stimola il rilascio di aldosterone da parte della midollare del surrene. L’aldosterone intensifica il riassorbimento di sodio a livello dei tubuli renali distali. Il risultato finale è lo sviluppo di uno stato ipervolemico che assume maggiore gravità in corso di patologie renali a motivo dell’alterata capacità di escrezione del sodio da parte dell’organo malato. Recenti studi hanno dimostrato che nei gatti con nefropatia cronica e ipertensione, l’attività plasmatica della renina può essere bassa, normale o elevata rispetto ai soggetti normotesi, mentre i livelli di aldosterone nel plasma di solito sono elevati. In corso di nefropatie, i livelli sierici di noradrenalina subiscono un innalzamento associato ad ipersensibilità vascolare nei confronti della stimolazione alfa-adrenergica, contribuendo ad incrementare la resistenza vascolare generale e lo stato ipertensivo. La nefropatia in atto altera i meccanismi di autoregolazione e la situazione emodinamica locale peggiora a causa dell’eccessivo innalzamento dei livelli sierici di catecolamine. Le risposte renali all’anomalia del flusso ematico, che in un primo momento sono efficaci, a lungo termine si dimostrano dannose. Inoltre, le alterazioni vascolari conseguenti all’ipertensione inducono lo sviluppo di ischemia renale che accelera così il processo distruttivo dell’organo. Malattia renale cronica ed ipertensione
In corso di nefropatia, diversi meccanismi coinvolti nella regolazione della pressione sanguigna
vengono attivati impropriamente. La riduzione del flusso ematico renale induce il rilascio di renina da parte dell’apparato juxtaglomerulare. L’attivazione del sistema renina-angiotensina accresce il tono vascolare, innalza la pressione sanguigna e stimola il rilascio di aldosterone da parte della midollare del surrene. L’aldosterone intensifica il riassorbimento di sodio a livello dei tubuli renali distali. Il risultato finale è lo sviluppo di uno stato ipervolemico che assume maggiore gravità in corso di patologie renali a motivo dell’alterata capacità di escrezione del sodio da parte dell’organo malato. Recenti studi hanno dimostrato che nei gatti con nefropatia cronica e ipertensione, l’attività plasmatica della renina può essere bassa, normale o elevata rispetto ai soggetti normotesi, mentre i livelli di aldosterone nel plasma di solito sono elevati. In corso di nefropatie, i livelli sierici di noradrenalina subiscono un innalzamento associato ad ipersensibilità vascolare nei confronti della stimolazione alfa-adrenergica, contribuendo ad incrementare la resistenza vascolare generale e lo stato ipertensivo. La nefropatia in atto altera i meccanismi di autoregolazione e la situazione emodinamica locale peggiora a causa dell’eccessivo innalzamento dei livelli sierici di catecolamine. Le risposte renali all’anomalia del flusso ematico, che in un primo momento sono efficaci, a lungo termine si dimostrano dannose. Inoltre, le alterazioni vascolari conseguenti all’ipertensione inducono lo sviluppo di ischemia renale che accelera così il processo distruttivo dell’organo. Altre anomalie possono contribuire alla genesi di ipertensione secondaria a nefropatie e in particolare l’innalzamento dei livelli sierici di paratormone, ipoattività callicreinica e modificazioni emodinamiche provocate da stati di anemia cronica. • Diagnosi caso 7: Perché il cane mangia e non ingrassa?
Sulla base del quadro clinico, di laboratorio e di diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di megaesofago idiopatico complicato da polmonite ab ingestis. Data l’età del paziente e l’assenza di anamnesi remota non è possibile stabilire se si tratti di una forma congenita o acquisita. Il paziente è stato sottoposto a fluidoterapia endovenosa per ripristinare lo stato di idratazione. E’ stata inoltre istituita una terapia con ranitidina per ridurre l’acidità gastrica e favorire la guarigione di un’eventuale esofagite concomitante. E’ stata poi attuata terapia chemioantibiotica con amossicillina/acido clavulanico per la polmonite ab ingestis. Si è infine proceduto ad alimentare il soggetto con cibo umido in scatola tenendolo in posizione elevata, ovvero con la ciotola e gli arti anteriori appoggiati su un piano elevato e tenendo l’animale in piedi sugli arti posteriori in modo da formare un angolo di almeno 45 gradi tra l’asse longitudinale del corpo dell’animale ed il terreno. La posizione deve essere mantenuta per almeno 10 minuti dopo l’assunzione del pasto. L’esame radiografico di controllo effettuato dopo 20 giorni ha consentito di rilevare la risoluzione della Il megaesofago idiopatico consiste in una dilatazione generalizzata dell’esofago ad eziologia non chiarita. Nella forma congenita, il sintomo rigurgito solitamente compare al momento dello svezzamento, quando l’animale inizia ad assumere alimento solido. L’incidenza è particolarmente elevata nel Pastore Tedesco, nell’Alano, nel Golden Retriever, nel Setter Irlandese, nello Shar-pei. Nello Schnauzer nano e nel Fox terrier a pelo ruvido la malattia è ereditaria. La forma congenita deve essere sospettata in tutti gli animali giovani con megaesofago. La principale diagnosi differenziale in questi soggetti è con la dilatazione esofagea associata ad anomalie degli anelli vascolari: in questi casi la dilatazione è generalmente grave ma segmentaria e localizzata cranialmente al cuore. Altra importante diagnosi differenziale negli animali giovani è con la Il megaesofago idiopatico acquisito è riscontrato in animali di qualsiasi razza e incroci, insorge generalmente in cani oltre 8 anni di età ma possono essere colpiti anche soggetti più giovani. Non è La principale complicazione del megaesofago e causa di morte è la polmonite ab ingestis che consegue all’inalazione del materiale rigurgitato. In alcuni casi i cani possono morire improvvisamente per ostruzione delle vie aeree da parte del materiale rigurgitato. Oltre al rigurgito, i principali sintomi che possono associarsi al megaesofago idiopatico sono lo scarso incremento ponderale (animali giovani in crescita) o la perdita di peso (animali adulti), inappetenza e ptialismo per esofagite associata, tosse cronica per compressione da parte dell’esofago dilatato delle vie aeree, dispnea e febbre in caso di polmonite. La gestione dell’animale con megaesofago idiopatico, oltre al trattamento delle complicanze eventualmente presenti, prevede l’alimentazione in posizione elevata. La consistenza dell’alimento da somministrare va valutata sul singolo soggetto. La somministrazione di più pasti giornalieri in La prognosi è riservata e può variare da mesi ad anni a seconda della frequenza delle complicazioni polmonari e della risposta alla modificazione della dieta ed all’alimentazione in posizione elevata. • Diagnosi caso 8
Cardiomiopatia dilatativa con fibrillazione atriale ad alta penetranza ventricolare.
Sulla base di segnalamento, quadro clinico, di laboratorio e di diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di cardiomiopatia dilatativa con fibrillazione atriale. La cardiomiopatia dilatativa è una patologia primaria del miocardio ventricolare caratterizzata da progressiva disfunzione sistolica per insufficienza miocardica di origine sconosciuta a cui consegue la dilatazione delle camere cardiache (di solito tutte e quattro in grado variabile, talvolta prevalentemente le sinistre, più raramente prevalentemente le destre). La malattia è stata descritta per la prima volta da Ettinger et al. nel 1970 come insufficienza cardiaca congestizia associata a dilatazione delle camere cardiache, in assenza di altre cardiopatie congenite o acquisite. Da questa prima segnalazione, la malattia è stata ampiamente segnalata nel cane dove rappresenta la cardiomiopatia idiopatica di più frequente riscontro. L’Alano è una razza predisposta a questa cardiopatia e si ipotizza un’eziologia genetica con una modalità di trasmissione ereditaria correlata al cromosoma X, secondo uno studio condotto negli USA, o autosomica dominante secondo uno studio più recente condotto nel Regno Unito. La principale caratteristica della cardiomiopatia dilatativa è la disfunzione sistolica legata a depressione della funzione contrattile miocardica. Ciò comporta un aumento del volume telesistolico ventricolare e di conseguenza del volume telediastolico, al quale il ventricolo risponde con ipertrofia eccentrica. Ciò comporta un aumento delle pressioni di riempimento ventricolare e, a monte, delle pressioni atriali, venose e capillari a cui consegue la sintomatologia congestizia. Il sovraccarico volumetrico ventricolare è aggravato dal rigurgito atrioventricolare che consegue alla distorsione degli annulus valvolari prodotta dalla dilatazione delle camere cardiache. La riduzione della gittata cardiaca in relazione alla insufficienza contrattile ed al rigurgito atrioventricolare determina l’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone e del sistema simpatico con aumento del precarico e del postcarico. L’ipertono simpatico, inoltre, aumenta la sensibilità del miocardio allo sviluppo di aritmie e determina la “down-regulation” dei beta recettori cardiaci con conseguente diminuita capacità di risposta alle variazioni delle catecolamine circolanti. La fibrillazione atriale è l’aritmia più frequentemente riscontrata negli Alani affetti da cardiomiopatia dilatativa, in relazione all’ingrandimento atriale secondario alla patologia strutturale sottostante. Una massa atriale voluminosa è essenziale per mantenere l’aritmia innescata da attività elettrica anomala (ad esempio per alterazioni nel sistema nervoso autonomo). Tuttavia, i cani di razza gigante possiedono naturalmente una massa atriale voluminosa, e per questo motivo possono sviluppare fibrillazione atriale in assenza di malattia cardiostrutturale sottostante. E’ stato osservato che frequenze cardiache superiori a 180-200 bpm possono indurre nel tempo disfunzione atriale e ventricolare tachicardia-indotta e di fatto esitare in una cardomiopatia ipocinetica con alterazioni cardiostrutturali simili a quelle della cardiomiopatia dilatativa. Nel caso in esame la possibilità di una cardiomiopatia ipocinetica tachicardia-indotta non può essere • Diagnosi caso 9: Uno strano caso di ipertermia
Shunt porto-cavale congenito intraepatico destro singolo con microepatia correlata ed
encefalopatia epatica
Sulla base di segnalamento, anamnesi, quadro clinico, di laboratorio e di diagnostica per immagini è stata formulata la diagnosi di shunt porto-cavale congenito intraepatico destro singolo con microepatia correlata ed encefalopatia epatica. Gli shunt porto-sistemici sono comunicazioni vascolari anomale tra il sistema portale e la circolazione venosa sistemica. La connessione con la circolazione venosa sistemica può riguardare la vena porta stessa o una delle sue vene tributarie. Gli shunt si distinguono in congeniti e acquisiti, singoli o multipli, intraepatici o extraepatici. Gli shunt acquisiti sono residui fetali che si aprono secondariamente ad ipertensione portale. Gli shunt intraepatici sono più frequenti nei cani di grossa taglia, ed originano da una delle branche intraepatiche della vena porta. Gli extraepatici sono più frequenti nei cani di piccola taglia ed originano dalla vena porta o da una delle sue tributarie. Gli shunt intraepatici si connettono alla vena cava, mentre gli extraepatici alla vena cava o alla vena I segni clinici sono variabili e vaghi, ma spesso dominano i segni neurologici legati ad encefalopatia epatica. In alcuni casi il quadro clinico è legato alle infezioni delle vie urinarie e calcolosi urinaria. Anamnesi, sintomi e segni clinici ed esami di laboratorio possono far emettere una diagnosi di sospetto. Le metodiche di diagnostica per immagini sono fondamentali per la conferma della diagnosi, determinare la sede ed il numero di shunt presenti, guidare la scelta dell’approccio terapeutico (medico o chirurgico) e monitorare il paziente nel tempo. • Diagnosi caso 10
1- risposta (3): Quando > 2 mg/dl;
2- risposta (2): E’ sempre anormale ed associato a iperbilirubinemia;
3- risposta (1): Anemia emolitica;
4- risposta (3): iperbilirubinemia post-epatica (da colestasi extraepatica);
5- risposta (2): esame ecografico dell’addome;
6- risposta (2): ostruzione delle vie biliari extraepatiche;
7- risposta (1): pancreatite con pseudocisti o cisti pancreatica;
8- risposta (1): Pancreatite con ostruzione delle vie biliari extraepatiche da
pseudocisti/cisti e colangite.

Source: http://www.formazioneveterinaria.it/soluzionicasi2013/Soluzioni_Quintavalla.pdf

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