Il santuario dell’<<ara della regina>>

IL SANTUARIO DELL’<<ARA DELLA REGINA>>
1.Topografia e prime evidenze archeologiche Il santuario è situato sul margine sud della zona centrale della città antica e domina sia la vallata sotto il fosso di San Savino sia il colle occupato dalla Tarquinia etrusca e Il tempio venne scavato da Pietro Romanelli nel 1938 e nel 1946 e pubblicato parzialmente nel 1948; altri scavi furono condotti dal Torelli nel 1969 lungo il lato nord del L’edificio era sorto nel IV secolo a.C. in sostituzione di un tempio arcaico del quale Infatti, nell’angolo sud-est del basamento, c’è una struttura rettangolare orientata quasi perfettamente secondo i punti cardinali e inserita nell’avancorpo della scalea. Questa struttura è un parallelepipedo di tufo chiaro lungo m. 7,45, largo m.3,95 sporgente dal basamento, ed è preceduta da una platea (5,60x4,70) con fori per l’inserimento di una transenna lignea o metallica. Anche le terracotte architettoniche di prima fase, raccolte in superficie, sono un valido inizio della preesistenza del culto che, nella metà del IV secolo a.C. assume forma monumentale. Il terreno, prima della costruzione dell’alto basamento, seguiva l’orientamento generale del rilievo, con una pendenza di circa 6-8 metri in direzione nord-sud, cioè dall’angolo nord-est del tempio all’estremità sud-ovest del basamento. La grande pendenza del suolo originario ha costretto i costruttori del IV secolo a realizzare una imponente costruzione, larga 34 metri e lunga 77 m. contenuta da muri in blocchi di macco posti in prevalenza di testa. Il pavimento del tempio, scoperto solo in un breve tratto presso la fontana di Cossuzio, era costituito da lastre di macco con una crepidine di blocchi squadrati e aveva Il tempio era rivolto ad est-sud est (108 gradi); il basamento era accessibile da est tramite due o tre scalee larghe 15 metri, fra avancorpi muniti di sagome e rivestiti di Aveva un primo ripiano profondo m. 16,50 sul quale dava l’altare e da questo, per mezzo di due scalinate laterali e un piano centrale inclinato, si arrivava al secondo ed ultimo ripiano dove si trovava lo stilobate del tempio che sorgeva su un proprio podio di 100x176 piedi, foderato da un paramento di nenfro. 3. La leggenda della nascita di Tagete La maggior larghezza del basamento rispetto al tempio sembra motivata dalla volontà di inglobare due strutture preesistenti, allineate fra loro e quasi perfettamente orientate, in cui si riconosce l’epicentro religioso del santuario arcaico. Il nucleo maggiore è stato identificato con l’altare sopra citato; in quello minore, secondo un’ipotesi moderna, si è voluto riconoscere il luogo mitico della nascita di Tagete, rivelatore della aruspicina. La leggenda narrava come, tra la città sul colle e la riva del mare, mentre Tarconte (il mitico fondatore di Tarquinia) arava, dal solco fresco fosse balzata fuori la strana figura di un giovinetto con i capelli canuti. Tagete, giovane e vecchio insieme, era considerato simbolo dell’eterna gioventù della terra e della matura saggezza della divinità. Egli avrebbe dettato a Tarconte le regole della Disciplina religiosa. Un reperto che testimonia quanto profondamente fosse radicato tra gli Etruschi il ricordo di quel mitico evento, è uno specchio di bronzo trovato presso Tuscania. Il disegno che vi è inciso rappresenta un giovinetto interno all’esame del fegato di una pecora sacrificata, che tiene nella mano sinistra. Il suo abbigliamento lo rivela aruspice; sopra una veste a maniche corte, egli ne porta un’altra a pieghe, lunga sino alle ginocchia. Sul capo porta il tipico copricapo sacerdotale etrusco, un cono a punta. Accanto a lui c’è un vecchio con la barba e indossa lo stesso abbigliamento sacerdotale. Sul bordo dello specchio si trovano delle iscrizioni incise; sopra il giovane aruspice c’è scritto Pavia Tarchies, formula onomastica che si riferisce a Tagete; il personaggio alla sua destra è detto Tarchunus, Tarconte dunque. La scena e il testo dello specchio bronzeo di Tuscania (opera datata al III secolo a.C.) rivela la stretta connessione di Tarconte, il leggendario fondatore di Tarquinia, Il tempio, secondo la ricostruzione del Romanelli, aveva una pianta ad alae con un pronao colonnato. I muri di sostegno delle alae hanno uno spessore di 1,60 metri; le mura della cella, invece, misurano 1,40 m. Sul fondo si aprono tre stanzette; la stanzetta centrale aveva la larghezza della cella, mentre quelle laterali erano lunghe come le alae; queste tre stanzette vanno identificate con le favisse del tempio (ricostruzioni ipotetiche). Le dimensioni del tempio si possono così riassumere: lunghezza m. 39,95 - larghezza m. 25,35; alae larghe 4,90 m.; anticamere lunghe m. 6,55 - larghe 9,55 m.; favisse et adyton profondi 5,30 m. Ad epoca imprecisabile appartengono le due stanzette sul lato nord, costruite con materiale di reimpiego, poggianti al basamento e alla sostruzione, comunicanti fra loro e accessibili tramite una doppia scaletta, dove furono rinvenuti i frammenti degli <<Elogia Un’altra aggiunta è quella della fontana di M. Cossuzio, quattorviro, tarquiniese, probabilmente della prima età augustea. Alle spalle delle due stanzette sopra nominate, si trova una struttura in laterizio intonacata di cocciopesto; tale struttura, datata al I secolo d.C., era la <<fodera>> del basamento costruita per evitare che l’acqua stagnasse. L’ultima vicenda architettonica dell’edificio si ha nel V-IV secolo d.C. quando fu trasformato in chiesa. 5. La decorazione architettonica fittile Il grande edificio dell’ <<Ara della Regina>> fu fornito di un frontone aperto di tipo tradizionale, nella metà del IV secolo a.C., che venne decorato con un complesso di terrecotte architettoniche; le terrecotte che erano applicate alle testate dei travi principali del tetto (columen e mutili) erano plasmate a mano; gli altri elementi minori erano ottenuti a stampo. Della decorazione frontale restano solamente due lastre frammentarie ad alto rilievo: al mutulo destro era forse applicata la figura femminile, di cui resta soltanto parte della veste dipinta, che viene datata alla seconda metà del IV secolo a.C. Viene ritenuta rivestimento da columen o destinata a coprire la testata del mutulo di sinistra, la famosissima coppia dei cavalli alati datata anch’essa alla metà del IV secolo a.C. Interessante è notare che la lastra dei cavalli dà con un taglio obliquo del margine superiore la pendenza del tetto (22 gradi e 30 primi). Delle terrecotte architettoniche ottenute a stampo, attribuibili alla decorazione originale del tempio in base all’analisi dei caratteri stilistici e tecnici, nessun esemplare è giunto a noi integro o ricostruibile tranne la tegola di gronda. Della decorazione del tetto sono stati individuati tutti gli elementi come la sima frontonale con sovrastante cornice traforata. La sima frontonale (cm. 50x18) presenta un motivo a rilievo con fiori di loto e palmette che è molto comune; lo ritroviamo infatti anche a Civita Castellana (tempio dei Sassi Caduti) a Bolsena, a Cosa (tempio di Giove) e a Talamone. La cornice traforata (cm. 49x29,7) presenta una decorazione a rilievo, anch’essa molto comune, con nastro a Delle lastre di rivestimento quella con palmette oblique contrapposte a spirali doppie era destinata agli spioventi frontonali; la decorazione è realizzata nei due sensi ed esiste un frammento dell’esemplare terminale del colmo destro tagliato per adattarlo alla pendenza del tetto. Abbiamo altri tipi di lastre di rivestimento: quelle decorate a rilievo con palmette, spirali e loti, motivo questo molto diffuso che troviamo in quasi tutti i templi (fase di IV-III secolo). La lastra con kyma lesbico a decorazione a X con fiori a calice e rosette la ritroviamo molto simile a Volterra e a Orvieto (Belvedere). Tra le antefisse a noi note ci sono quelle a testa di menade e di sileno che, molto probabilmente, risalgono alla metà del IV secolo a.C. caratterizzate da un nimbo, di cui rimangono solo delle tracce, decorato con viticci, fiori e boccioli e anche dalla stessa altezza di 25-26 cm. Forse un po' più recente (fine IV sec. a.C.) è l’antefissa a testa di menade con nimbo coronato da palmette, fiori e calici alternati. Oltre alle caratteristiche antefisse a testa di sileno e di menade sono state trovate anche delle antefisse a testa maschile con berretto frigio che, dall’esame stilistico, possono essere datata alla metà del IV sec. a.C. (come il gruppo precedente). Risalgono alla fase di IV-III secolo le antefisse a figura intera quella disposta orizzontalmente rappresenta una figura femminile alata sorgente da volute (cm. 37x45); l’altra è sempre raffigurante una figura femminile alata che però è posta in modo verticale e regge tra le mani un vasetto Influssi stilistici delle terrecotte architettoniche I coroplasti si ispirarono, per quanto riguarda le terrecotte a stampo, al programma decorativo creato alla fine del V secolo-inizi III sec. per il tempio di Belvedere a Orvieto con l’aggiunta di elementi comuni in altre località come la sima frontonale e la cornice Analogamente al complesso frontonale di Belvedere anche negli altorilievi di Tarquinia c’è un forte interesse per il linguaggio figurativo e decorativo di età classica ma I caratteri stilistici della figura femminile con lunga veste fiorita, e della coppia dei cavalli alati riportano al clima artistico dell’Atene post-fidiaca, che si riflette nella ceramografia attica alla fine del V sec. a.C. e che è ripreso in ambiente magno-greco e italico nella prima metà del IV secolo a.C. Parallelismo con gli altri templi e ultime conclusioni La fase delle terrecotte architettoniche che possiamo studiare in modo più completo è quella risalente alla metà del IV sec. La decorazione di queste terrecotte, come abbiamo visto, è abbastanza comune e ricorre in molti altri santuari, quali il tempio di Talamonaccio, il tempio di Juppiter a Cosa (Ansedonia), il tempio di Belvedere a Orvieto e, limitatamente ad alcuni elementi, il tempio dello Scasato a Falerii. Interessante sarà quindi confrontare le dimensioni degli edifici aventi in comune le stesse terrecotte per delineare il rapporto tra le proporzioni della pianta e della Il tempio dell’ <<Ara della Regina>>, messo a confronto con i dati vitruviani riguardo al rapporto tra lunghezza e larghezza (6:5), risulta più allungato, specialmente per Le dimensioni del tempio sono monumentali: largo 34 m. lungo 77 m. con un imponente terrapieno è il più grande tempio fra quelli dotati delle stesse lastre di rivestimento, delle stesse sime, etc. Le lastre di rivestimento, sia quelle con palmette a spirali, sia quelle a decorazione a X, appaiono quindi, rispetto alla monumentalità del tempio, piuttosto esigue; infatti l’altezza media ricostruibile non supera i 60 centimetri. Queste misure sono le medesime che ricorrono in edifici più piccoli come il tempio di Belvedere, quello di Giove o, ancora, il tempio dello Scasato. Riportando alcuni dati, per esempio, il tempio di Belvedere è lungo 21,9 m. e largo 16,90 (esatta metà dell’Ara della Regina); i materiali architettonici, pertinenti alla fase più antica della decorazione del tempio, risalgono agli inizi del V sec. a.C. Di questa fase ci sono giunte lastre di rivestimento che ritroviamo anche, come già accennato, a Tarquinia. Il santuario dello Scasato di Civita Castellana, il più recente dei grandi templi di questa fase conosciuti, è un altro esempio da paragonare al tempio di Tarquinia. Largo 17 m. esibiva un sistema decorativo molto simile per le dimensioni a quello dell’Ara della Il tempio di Talamone, eretto nella metà del IV sec. a.C., aveva delle dimensioni molto più modeste rispetto al tempio tarquiniese anche se sono accomunati da una decorazione architettonica molto simile. Il tempio di Giove a Cosa, specialmente nella sua seconda fase, ha moltissimi elementi in comune con l’Ara della Regina come l’architrave rivestita da lastre con decorazione a X e la sima frontonale sormontata dalla cornice traforata. Ma anche le dimensioni del tempio di Giove sono minori rispetto a quelle di Tarquinia. Da queste osservazioni possiamo concludere che il tetto dell’Ara della Regina risultava non molto appesantito dalla decorazione architettonica rispetto agli altri templi che, pur avendo la stessa decorazione e quindi più o meno lo stesso peso, erano di dimensioni notevolmente minori. Il tempio tarquiniese era rettangolare oblungo simile a quello greco e alla monumentalità della pianta e degli alzati non corrispondeva un’adeguata trabeazione. Massi Elena
Bibliografia
A. Andren, Origine e formazione dell’architettura templare etrusco-italica, in Rend. Pont. Acc. XXXII, Stoccolma 1959-1960. P. M. Bonghi Jovino, Gli Etruschi di Tarquinia, Modena 1986. Deposito votivo presso l’Ara della Regina, Roma 1982. L’arte degli Etruschi, produzione e consumo, Torino 1978. La civiltà etrusca, Zurigo 1977. Tarquinia, in Notizie e scavi, Roma 1948.

Source: http://www.artestoriatarquinia.it/1991_Bollettino/Massi%20E%20_%20Il%20Santuario%20dell'Ara%20della%20Regina.pdf

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