20020414

Se si perde denaro non c'è da preoccuparsi, poiché se ne può guadagnare ancora. Se si perde un amico se ne può trovare un altro. Se si perde la moglie ci si può risposare. Chi perde un pezzo di terra, può acquistarne un altro. Si può rientrare in possesso di tutto quanto, ma se si perde il corpo, esso non può essere riottenuto. (Versi Sanscriti) Incarnazioni del Divino Amore! Il tempo è infinito; voi vivete diverse esperienze, ma esse sono solo momentanee. A volte può succedervi di perdere del denaro, ma non dovete preoccuparvene: potete sempre riguadagnarlo. Potete incontrare molti amici, ma nessuno di loro è permanente: ne perderete uno e ne troverete un altro. Ad un certo punto della vita, la gente si sposa e conduce una vita familiare, ma né il marito né la moglie sono permanenti. Se la moglie muore, l'uomo può risposarsi e continuare la sua vita. Allo stesso modo, se perdete il vostro pezzo di terra potrete riacquistarne un altro. Ma se perdete il corpo, esso è perso per sempre. Mentre vivete nel corpo, dovete sperimentare felicità sia a livello materiale sia a livello spirituale. Con il corpo l'uomo acquisisce ricchezze e proprietà, sperimenta piaceri e dolori; ma per quale motivo? Desiderio di possedere ricchezza, moglie e progenie. Tale triplice desiderio è la causa della felicità e dell'infelicità dell'uomo. Nel passato diversi re conquistarono ricchezze e proprietà, ma non poterono trattenerle per sempre. La ricchezza non è duratura, non può redimere l'uomo, né conferirgli felicità permanente. Vera ricchezza è quella spirituale. L'uomo non sa godere della vera felicità a causa della sua avidità per il denaro; tuttavia, continua a desiderarlo con bramosia. Il denaro è senz'altro necessario, ma entro certi limiti. Il secondo desiderio è Dhareshana. Si possono avere moglie, figli, ricchezze e proprietà, e godere per qualche tempo della vita familiare, ma tale felicità non è autentica, né eterna. È da folli ritenere che si possa essere felici per sempre nella vita familiare. Il terzo desiderio è Putreshana. L'uomo desidera un figlio, pensando che gli porterà felicità. Non c'è nulla di sbagliato nell'aspirare ad avere un figlio, ma anche quella gioia sarà temporanea. Il re Dhritarâshtra ebbe molti figli, ma quale felicità ne conseguì? Nessuna; anzi, a causa loro dovette subire innumerevoli sofferenze e perse la propria reputazione. Il re Dhritarâshtra ebbe tanti figli, ma quale fu la sua sorte? Il saggio Suka non ebbe moglie né figli, ma ne soffrì forse? (Versi Telugu) È un errore pensare che chi abbia figli sia felice, mentre chi non ne ha, debba soffrire. È un'illusione ritenere che ricchezza, moglie e figli diano felicità. I tre desideri suddetti incatenano l'uomo e gli causano dolore. A cosa serve avere molti figli se questi sono cattivi? È sufficiente averne uno che sia nobile ed ideale. Prendete l'esempio del Râmâyana (1). Secondo il calendario Telugu, questo è Chaitra (marzo- aprile), il mese che vide l'avvento di Râma. Egli nacque nel giorno di Chaitra Suddha Navami. Questo mese è dunque stupendo, e si può dire lo stesso delle storie del Signore. Le storie del Signore sono meravigliose e sacre nei tre mondi; esse sono come falci che tagliano i legami terreni. (Versi Telugu) Delle tre mogli di Dasharatha (2), in nessun episodio del Râmâyana si fa grande menzione di Sumitrâ (3), la seconda moglie. Kausalya ottenne una buona fama, grazie a suo figlio Râma; infatti, il suo nome viene al primo posto anche nel canto del Suprabhatam, che inizia con le parole: "Kausalya Supraja Râma . Oh nobile figlio di madre Kausalya!" Kaikeyi desiderava che suo figlio Bhârata venisse incoronato re. Sumitrâ, invece, non nutriva alcun desiderio del genere. Ella fu un esempio di virtù, parlava poco e dolcemente e si comportava in modo conforme al suo nome Su-Mitra, buona amica. Ebbe due figli: Lakshmana e Satrughna. Nessuno dei due aveva la possibilità di diventare l'erede al trono, ma Sumitrâ non se ne preoccupava. Ella mostrò invece a tutto il mondo gli elevati ideali del servizio. Il suo desiderio era: "Quando Râma diventerà Re, il mio primogenito Lakshmana, dovrà dedicarsi al Suo servizio". Allo stesso modo, voleva che il suo secondo figlio Satrughna si ponesse al servizio di Bhârata. Il servitore è sempre al fianco del padrone. Ecco perché Lakshmana seguiva il Signore Râma, mentre Satrughna era sempre in compagnia di Bhârata. Ella comprese la sacralità del servizio ed esortò i figli a seguire quella strada. Se studiate attentamente la sacra storia del Signore Râma, potrete capire ed apprezzare i nobili sentimenti e gli elevati ideali di madre Sumitrâ. Quando Râma era in procinto di partire per la foresta, madre Kausalya era inconsolabile. Solo Sumitrâ non versò una lacrima; cercò di tranquillizzare Kausalya e di infonderle coraggio, dicendole: "Sorella cara, mio figlio Lakshmana accompagnerà Râma nella foresta e si prenderà cura d'ogni sua necessità; starà ben attento che Râma non abbia difficoltà di nessun genere. Proprio come la palpebra protegge l'occhio, Lakshmana sarà sempre al servizio di Râma; non devi preoccuparti per la sua sicurezza". Ella mandò volentieri suo figlio nella foresta insieme a Râma. Quale altra madre si sarebbe comportata in modo così coraggioso e disinteressato? Considerando l'impegno che Dasharatha aveva verso Kaikeyi, soltanto Râma avrebbe dovuto andare in esilio; non c'era obbligo per Lakshmana di accompagnarlo. Sumitrâ avrebbe potuto avvalersi di questi argomenti per impedire a Lakshmana di andare nella foresta, ma ella non sollevò obiezioni d'alcun genere. "Lakshmana è nato solo per servire Râma; è uno strumento nelle Sue mani. Râma porta con Sé il Suo strumento. Chi sono io per mandare Lakshmana, o per trattenerlo, e chi è Lakshmana per decidere se andare con Râma? Râma ha ogni diritto di prendere Lakshmana con Sé". Questi erano i suoi sentimenti. Sumitrâ benedisse il figlio Lakshmana e gli raccomandò: "Figlio mio! Prenditi la massima cura di Sîtâ e di Râma". Quando Bhârata era sul punto di recarsi nel regno di suo zio Kekaya, Satrughna non ricevette alcuna comunicazione, se seguirlo oppure no. Tuttavia, egli si preparò per accompagnarlo, sapendo che era suo dovere servirlo. Nella storia dell'India, ci sono molte nobili madri come Sumitrâ che incoraggiarono i figli a seguire la strada del servizio. Râma rappresentava per Sîtâ la vita stessa. Ella non avrebbe potuto sopportare la separazione da Lui neppure per un solo minuto. Per questo lo pregò di poterlo seguire nella foresta. Come per Sumitrâ, anche il nome di Ûrmilâ (4), moglie di Lakshmana, non trova gran rilievo nel Râmâyana. Sumitrâ ed Ûrmilâ erano entrambe molto pure e condussero una vita di sacrificio. Ûrmilâ era una pittrice assai brava, e passava la maggior parte del suo tempo a dipingere. Non era al corrente che Sîtâ, Râma e Lakshmana erano pronti per andare in esilio. Ûrmilâ stava dipingendo un quadro bellissimo ed aveva vicino a sé i colori. Lakshmana andò da lei chiamandola ad alta voce. Questo la spaventò; saltò in piedi, schizzando inavvertitamente del colore sul quadro che stava dipingendo; così fu rattristata nel vedere che il quadro era rovinato. Lakshmana le chiese cosa stesse dipingendo. Ûrmilâ rispose: "Sto dipingendo il quadro dell'imminente incoronazione di Sîtâ e Râma. Voglio mandarlo a mio padre Janaka. Tutto il mondo si rallegrerà vedendo questo bel quadro". Lakshmana era abbattuto; le riferì gli avvenimenti e disse: "L'incoronazione di Sîtâ e Râma è annullata a causa di Kaikeyi, ed il quadro che stavi dipingendo è rovinato per colpa mia". Aggiunse poi che avrebbe accompagnato Râma nella foresta. Forse che una donna sarebbe stata tranquilla, apprendendo che il marito sarebbe andato nella foresta per quattordici anni? Al contrario, avrebbe sollevato una quantità di domande - "Perché devi seguirlo? Tu non hai obblighi di andare nella foresta; solo Râma ha l'ordine di andare. Non è necessario che tu lo segua". Qualsiasi donna avrebbe sollevato numerose obiezioni, ma Ûrmilâ non ne avanzò neppure una. Ella fu felice che suo marito avesse l'opportunità di servire Sîtâ e Râma. Disse: "Tu sei assai fortunato ad avere questa grande occasione; va con loro senza perdere neanche un minuto". Lakshmana le disse: "Non potrai vedere Sîtâ e Râma per i prossimi quattordici anni; recati subito alla residenza di Sîtâ per avere la Sua benedizione"; ma Ûrmilâ non si mosse, anzi, gli fece fretta affinché li raggiungesse senza indugio. "Non voglio essere d'impedimento, non perdere un solo istante, va subito con loro e resta al loro servizio". Prima che Lakshmana partisse, ella volle da lui una promessa: "Tu devi vivere nella foresta per quattordici anni senza di me. Può essere che qualche volta tu accada di pensare a me e pronunciare il mio nome. Promettimi di non pensare a me, né di dire mai il mio nome. Contempla costantemente i Nomi Divini di Sîtâ e Râma e servili con tutta sincerità e devozione. Se ti accompagnassi nella foresta, non potresti dedicare tutto il tuo tempo al loro servizio. Resterò qui, per non esserti d'intralcio". Alle parole di Ûrmilâ, Lakshmana fu sorpreso e sollevato. "Dove è possibile trovare una moglie così nobile e devota?"- esclamò. Quindi, si accomiatò da lei e immediatamente partì. In questa terra dell'India ci sono molte nobili madri come Sumitrâ e mogli virtuose come Ûrmilâ. Fin dall'antichità, l'India ha goduto di grande stima per merito di donne nobili come loro. A Nord dell'India, abbiamo come confine le montagne dell'Himâlaya. Questa terra è santificata dai fiumi perenni Gange, Yamunâ e Sarasvatî. Questi tre simboleggiano la triade di Bhakti, Jñâna e Vairâgya (devozione, saggezza e rinuncia). Non solo: tre grandi poemi di questa terra, il Râmâyana, il Bhâgavata (5) ed il Mahâbhârata (6), brillano come fari ad illuminare il cammino dell'uomo. Essi gli insegnano come trasformare la sua vita in una vita ideale. Questa terra vide la nascita di Sacre Scritture, quali la Bhagavadgîtâ, che porta il suo messaggio d'unità all'umanità. Questa terra ha dato i natali ad anime nobili come il Buddha, che propagò il messaggio della non violenza, insegnando che la non violenza è il Dharma più grande. La sillaba 'Bha' indica luce, radiosità, splendore: i Bhâratiya, gli Indiani, sono perciò coloro che aspirano alla luce ed allo splendore Divini. Dovete essere all'altezza della reputazione di Bhâratiya, rendendo sacre le vostre vite e realizzando la Divinità. Se approfondiste la sacra storia di Bhârat, apprendereste che fin dall'antichità questa terra ha divulgato il sacro messaggio della Divinità ed ha donato pace e sicurezza alle altre nazioni. Ci sono numerosi episodi che attestano la nobiltà di Sumitrâ e di Ûrmilâ, e che non sono riportati nel poema del Râmâyana. Quando Lakshmana svenne sul campo di battaglia, per farlo rinvenire, Hanuman avrebbe dovuto procurare l'erba Sanjivani da una certa montagna. Non sapendo, tuttavia, riconoscere le erbe necessarie, egli sollevò l'intera montagna e con essa volò verso il campo di battaglia. Sul suo percorso, doveva sorvolare il luogo di Nandigrama (dove Bhârata aveva preso dimora in una capanna in attesa del ritorno di Râma dall'esilio). Vedendolo, Bhârata pensò che si trattasse di un demone, e lanciò contro di lui una freccia. Colpito, Hanuman precipitò giù insieme alla montagna. Presentò i suoi omaggi a Bhârata, gli spiegò la situazione ed il motivo per cui stesse trasportando la montagna Sanjivani. Bhârata fu felice di sapere che Lakshmana sarebbe ritornato in vita. Mandò a chiamare immediatamente le sue madri ed i sudditi; anche Ûrmilâ arrivò. Udendo che Lakshmana era svenuto sul campo di battaglia, tutti ne furono rattristati, tranne Sumitrâ. Anche Ûrmilâ non ne fu turbata; abbassò il capo ed ascoltò il racconto di Hanuman. Udendo tutta la storia, Kausalya si disperò. Sumitrâ la consolò dicendole: "Sorella! Perché ti preoccupi? Nulla di male può accadere a Râma; Lakshmana se ne prenderà buona cura. Entrambi i miei figli sono nati per rendergli servizio. Nel caso Lakshmana morisse in battaglia, manderò l'altro mio figlio, Satrughna, ad aiutare Râma in guerra". Come può una madre essere capace di tanto sacrificio? Bhârata disse ad Ûrmilâ: "Madre, sarai addolorata nell'apprendere che tuo marito Lakshmana è svenuto sul campo di battaglia". A quei tempi la gente si rivolgeva alle donne con l'espressione 'madre'. Ûrmilâ rispose: "Non ne sono per niente preoccupata, perché mio marito si trova col Signore Râma stesso. Ogni cellula del suo corpo è satura del Nome Divino di Râma. Sono sicura che non gli succederà alcun inconveniente". A quel punto Hanuman si rivolse a lei: "Madre, nessuno può essere certo che tuo marito resusciti. La situazione è assai difficile. Râma ama moltissimo Lakshmana, lo considera come la Sua stessa vita, ed è sconfortato dal dolore". A queste parole Ûrmilâ rise e rispose: "Hanuman, nessuno al mondo può comprendere la Divinità di Râma e la natura di mio marito. Râma è veramente il Paramâtma; non c'è motivo di preoccupazione, perché tutto questo è il Suo gioco Divino. Anche mio marito non nutre preoccupazione alcuna; forse le frecce scagliategli da Râvana e dai suoi figli gli avranno fatto un po' male, ma non c'è alcun rischio per la sua vita, perché ogni cellula del suo corpo è satura del Nome Divino di Râma. Infatti non è svenuto, si sta solo godendo un buon sonno in pace". Nessuno può comprendere il legame di sacro amore che esisteva tra Râma e Lakshmana. Quando questi svenne sul campo di battaglia, Râma gemette: "Cercando in tutto il mondo, potrei trovare un'altra moglie come Sîtâ, ma non certo un altro fratello come Lakshmana!" Nel Râmâyana non si parla molto della grandezza di Lakshmana e Satrughna. Poiché la natura di questo mondo è fisica, la gente dà importanza solo agli aspetti fisici; parla solo di Sîtâ e di Râma, ma non mostra interesse per i sacrifici compiuti da Lakshmana, Satrughna e dalle loro mogli. Ûrmilâ sollecitò Hanuman a riprendere senza indugio la via del ritorno, poiché Râma ed altri lo stavano attendendo. Poi affermò: "Io sono figlia del re Janaka (7), nuora del re Dasharatha, e moglie di Lakshmana. Tutti e tre sono uomini di verità e rettitudine, quindi nessun pericolo può colpire mio marito". La sua determinazione era tale che non si mosse dal luogo in cui si trovava, quando il marito partì per la foresta, e passò tutto il tempo dipingendo. Persino Sumitrâ aveva qualche ansia, ma Ûrmilâ era imperturbabile. La sua natura era pura, immacolata e completamente disinteressata. Purtroppo, fino ad oggi, i Bhâratiya non hanno contemplato la nobiltà di Sumitrâ e Ûrmilâ. Madre Sumitrâ non nutriva ambizioni che i suoi figli occupassero posizioni di autorità; voleva invece che seguissero il cammino del servizio. Non è sufficiente che voi pensiate solo a Râma e Sîtâ; dovreste ricordare anche i grandi ideali rappresentati da Lakshmana ed Ûrmilâ. I quattro fratelli Râma, Lakshmana, Bhârata e Satrughna sono come i quattro Veda. Una volta il saggio Vashishta affermò che i quattro Veda avevano assunto la forma di questi quattro fratelli che ora giocavano nella casa del re Dasharatha. Ciò che oggi dovete realizzare o capire bene, è che il Signore non potrà mai incorrere in alcun pericolo. Egli inscena una rappresentazione Divina allo scopo di stabilire un ideale per il mondo. Solo chi ha il cuore puro può comprendere le Sue mosse. Ûrmilâ soltanto poteva capire il cuore sacro di Lakshmana. Madre Sumitrâ soltanto poteva conoscere la natura dei suoi figli. È naturale che la madre capisca la natura dei propri figli. Questa sacra terra di Bhârat ha donato al mondo le gemme più preziose in forma di madri ideali e di mogli ideali. Molti altri episodi meravigliosi e misteriosi accaddero, ma essi non sono rivelati nel Râmâyana. Oggi festeggiate il Capodanno; di fatto, dovreste considerare ogni secondo come l'inizio di un nuovo anno. Molti si preoccupano pensando a quali cambiamenti porterà l'Anno Nuovo nel campo sociale, politico ed economico: nessun cambiamento accadrà. Se ci dovesse essere qualche cambiamento, non aspetterebbe certo l'arrivo dell'Anno Nuovo; infatti, molti cambiamenti hanno luogo ogni momento. Voi potreste chiedervi quali siano i grandi cambiamenti che porterà con sé questo nuovo anno. Quello che è successo l'anno scorso, avverrà anche quest'anno; ma non preoccupatevi di tutto ciò. Quello di cui dovete preoccuparvi è che non c'è alcuna trasformazione nel vostro cuore, sebbene gli anni passino. Dovete eliminare le tendenze malvagie presenti nei vostri pensieri, parole ed azioni; festeggiate l'arrivo del nuovo anno, intrattenendo sentimenti nobili e divini. Gioite della visione del Principio Divino Immanifesto, in questo mondo manifesto. Incarnazioni del Divino Amore! Nessun essere umano, né la ricchezza, potrà conferirvi beatitudine permanente, perché essa scaturisce dal vostro cuore: dovete, quindi, volgere la visione all'interno. Il Signore permea ogni cosa, sia all'interno sia all'esterno di tutto ciò. (Versi Sanscriti) Quando svilupperete la visione interiore, automaticamente proverete beatitudine eterna. L'uomo aspira ad ottenere gioia, ma non è necessario che ne vada in cerca, essa è in lui e con lui. La felicità non è del corpo. Questo corpo è un ricettacolo di sporcizia, ed è incline ad ammalarsi; non può attraversare l'oceano del Samsâra, il ciclo delle nascite e delle morti. Oh mente, non indugiare nell'inganno che il corpo sia permanente. Prendi rifugio ai Divini Piedi di Loto! (Versi Telugu) Come può questo corpo darvi felicità permanente? Solo i Piedi di Loto del Signore vi possono concedere vera felicità. Oggi fra gli Indiani non c'è devozione, né il senso di abbandono a Dio; essi si lasciano ingannare da effimere cose materiali, ma riescono almeno a ricavarne felicità? Proprio per niente. Tutto ciò non è altro che uno spettacolo di burattini: tutto quello che vedete in questo mondo non è altro che una commedia di marionette. Uno è re, e uno è povero. Non è forse così quello a cui assistite? Qualcuno lo può forse negare? Ecco la tendenza che prevale nel mondo: l'oscurità dell'ignoranza è la causa fondamentale dell'illusione. Come potete comprendere Sattva, il Principio della purezza, se siete immersi nel Tamo Guna, ignoranza ed ottusità? Incarnazioni del Divino Amore! Essere nati a Bhârat, India, è la vostra fortuna, e vivere qui è una fortuna ancor più grande. Dovete essere orgogliosi di essere figli di Bhârat. Se qualcuno dovesse chiedere le vostre credenziali, affermate orgogliosamente che siete Indiani. Questa è, di per sé, già una gran qualifica. C'è un sacro significato interiore in questa parola Bhâratiya, Indiani; ma voi non fate il benché minimo sforzo per capirlo. Oh figli di Bhârat! Conducete vite esemplari ed irradiate pace e felicità al resto del mondo. Sin dall'antichità, molti Indiani hanno fatto della loro esistenza un ideale per il mondo intero, vivendo nella gioia e condividendola con gli altri. Perché voi dimenticate e trascurate tali nobili ideali? Incarnazioni del Divino Amore! Non dimenticatevi della sacra storia dell'India, non mettetela nell'oblio affermando che ormai è vecchia. Non è semplice comprendere i sottili Principi contenuti nella nostra cultura. Può essere che abbiate letto il Râmâyana molte volte, ma avete colto la nobiltà di Sumitrâ e la santità di Ûrmilâ? No. Ûrmilâ era la figlia del re Janaka, mentre Sîtâ venne trovata dal re mentre arava la terra. Sîtâ era quindi la figlia adottiva, mentre Ûrmilâ era la figlia naturale. Il re aveva deciso di dare Sîtâ in sposa a Râma, ed Ûrmilâ in sposa a Lakshmana. Sîtâ era la personificazione di Shakti, l'Energia; ma di qual tipo di energia? Essendo ella la figlia della madre terra, era satura di potere magnetico. Pertanto Sîtâ sposò Râma, ed Ûrmilâ sposò Lakshmana. Chi era Lakshmana? Egli era Adishesha (8) stesso, che porta il peso della madre terra. Ûrmilâ era una donna di grandi qualità e nobili virtù; era una pittrice così brava che sapeva dipingere qualsiasi cosa in pochi istanti. Oggi la gente ricorda il nome di Kaikeyi e Mantharâ, ma non quello di Ûrmilâ che manifestò invece sacri ideali. Ella rimase per quattordici lunghi anni nella stessa stanza in cui si trovava quando Lakshmana partì per la foresta, finché quest'ultimo fece ritorno, e non ebbe mai desideri materiali. Io posso rivelarvi certe cose, ma non tutti possono comprenderle. Sîtâ indossava un sari giallo al momento dell'incoronazione; ebbene, trascorse tutti i quattordici anni nella foresta, indossando lo stesso Sari. Lo stesso fu il caso di Ûrmilâ: portò lo stesso sari, finché Lakshmana fece ritorno. Essendo le figlie del Re Janaka, esse non avevano alcun attaccamento al corpo; infatti, il re era conosciuto con l'epiteto Vaideha, privo d'attaccamento al corpo. Se indagaste a fondo, scoprireste che ci sono molti segreti nascosti nel Râmâyana, ma gli Indiani non fanno alcuno sforzo per comprenderli. Una volta, dopo aver ascoltato molti discorsi sul Râmâyana, venne chiesto a qualcuno quale fosse il nome della consorte di Râma; poiché non se ne ricordava il nome, la risposta fu: "Sig.ra Râma". Questo è il triste stato delle cose! Gli Indiani conducono una vita piena d'ignoranza: ignorano la nostra antica cultura e vengono traviati dal modernismo. Abbiamo un unico amico ed è Dio. C'è un solo testo sacro ed è l'antica storia dell'India. Dovete studiare questo sacro testo e non rovinare ed inquinare la vostra mente leggendo romanzi insignificanti. Incarnazioni del Divino Amore! Da questo primo giorno dell'Anno Nuovo, riflettete sui sacri ideali manifestati dagli uomini e dalle donne del Râmâyana, e seguitene le orme. Derivatene gioia e condividetela con gli altri. Tenete alto il buon nome di Bhârat, sviluppate il sentimento della nazionalità, non dimenticate mai la vostra madre patria. Se qualcuno vi chiede il vostro nome, non rispondete: "Râamayya oppure Krishnayya, ecc.". Dovete orgogliosamente affermare che siete un Bhâratiya, un Indiano; gli altri sono solo nomi dati al corpo, mentre Bhâratiya è il nome che avete acquisito alla nascita. Chi è un Bhâratiya? Bha significa splendore, luce e Divinità. Pertanto un Bhâratiya è chi nutre un intenso amore per Dio. L'India è centro di pace e sicurezza; quello che non è presente in India, non esiste in nessun'altra parte del mondo. Nessun altro paese ha ottenuto una così nobile fama come l'India. Dovete sostenere e promuovere la gloria del paese; seguite gli insegnamenti del Râmâyana e rendete le vostre vite sacre. Questo sacro poema epico ha un gran messaggio da trasmettere. Numerosi altri poemi non hanno superato la prova del tempo, ma il Râmâyana, sebbene siano trascorsi migliaia d'anni, continua a rimanere sempre fresco nella mente di tutti. Il nome Râma fu dato dal Saggio Vashishta. Quando pronunciate la parola "Ram", aprite prima la bocca per emettere il suono "Ra". Nel momento in cui la bocca è aperta, tutte le vostre cattive qualità ne fuoriescono. Quando invece pronunciate la "M", chiudendo la bocca, sbarrate l'ingresso alle malvagità che sono appena uscite. Questo è il significato interiore per cui si recita il Nome di Râma. In questa ricorrenza del Capodanno, avete imparato molte cose nuove: santificate le vostre vite, mettendole in pratica. (Sai Baba canta il Bhajan: "Hari Bhajan Bina." e poi continua il Discorso). Incarnazioni del Divino Amore! Ieri è stato celebrato il Capodanno Telugu; oggi festeggiamo l'Anno Nuovo del Tamil e del Kerala. Come vedete, i nomi sono diversi, ma il significato interiore è uno ed il medesimo. Celebrare una festività non significa semplicemente alzarsi presto il mattino, fare le sacre abluzioni, indossare abiti nuovi, mangiare dolci deliziosi, ecc. Se voi capiste il loro significato interiore, celebrereste queste feste nel vero spirito. Quello è il luogo demarcato dal fiume Chitravati che sinuoso incanta. Quello è il luogo dove tutt'intorno vi sono stupende piantagioni di Mango che simboleggiano prosperità e letizia. Sui quattro lati, a protezione del luogo, stanno di guardia le Divinità Pârvatî (9) e Parameshvara (10). Accanto c'è il lago voluto da Chikkavadiyar, ed una città che testimonia la gloria di Bukkarayalu. Là giace Puttaparthi nella sua Divina Maestà, diffondendo grandezza e gloria in tutto il mondo. (Versi Telugu) Che cosa significa il nome Puttaparthi? Parthi vuol dire splendore. Puttaparthi è, quindi, il luogo dello splendore, è il faro di luce. Nei tempi passati era chiamato Puttavardhini. Putta significa "formicaio", perché prima tutt'intorno c'erano formicai e serpenti. In un certo qual senso, si può affermare che anche il Râmâyana sia scaturito da un formicaio, perché il suo compositore, il Saggio Vâlmîki (11), emerse da un formicaio. Egli era completamente ricoperto da un formicaio, con serpenti che vi entravano ed uscivano. Nel vostro cuore, che può essere paragonato ad un formicaio, ci sono i serpenti delle cattive qualità. Se voi recitate, o cantate il Nome Divino, tutti quei "serpenti" verranno fuori. Ripetere il Nome di Dio è come il suono melodioso che incanta i serpenti e li fa uscire dal formicaio. Tale melodia è la nota che vi dà vita e respiro. Dovete ripetere il Nome di Dio per liberarvi delle cattive qualità. Oggi, sono molti a non dare importanza alla recitazione del Nome Divino, ma è un grosso errore. In quest'era di Kali (12), solo il canto del Nome Divino può redimere le vostre vite. Non c'è altro rifugio. (Versi Sanscriti) Cantare le glorie del Signore è sommamente sacro. Oggi il Paese deve affrontare innumerevoli difficoltà, perché la gente non ripete il Nome di Dio. Fate in modo che in ogni strada si riverberi la Sua Divina Gloria. Fate che ogni singola cellula del vostro corpo sia colma del Suo Nome Divino. Niente può darvi la gioia, il coraggio e la forza che potete ricavare dal ripetere il Nome del Signore. Lasciate pure che gli altri ridano di voi, non badate loro. La gente può dire: "Quello è un importante funzionario, com'è che anche lui ripete il Nome?" Chiunque abbia un cuore, ha il diritto di cantare il Nome di Dio. Il cuore è il medesimo in tutti. Cosa c'è di sbagliato se anche un alto funzionario recita il Nome Divino? Giovane o vecchio, ricco o povero, tutti devono ripetere il sacro Nome. Solo gli stolti deridono chi recita il Nome del Signore. Se qualcuno dovesse chiedervi: "Che cosa! Anche tu sei diventato un devoto? Anche tu reciti il Nome?" Rispondetegli: "Sì, sono un devoto del Signore, non sono così "grande" da non ripetere il Nome di Dio. Non solo io, ma anche tu, tuo padre, tuo nonno, il tuo bisnonno. tutti devono ripetere il Nome Divino. Qual è lo scopo di essere nato come essere umano, se non pensi a Dio?" L'altro può replicare che egli non crede in Dio. - "Se non hai fede, quello è il tuo destino; ma io ho fede e ripeto il Nome del Signore. Dio può non esistere per te, ma Egli esiste per me. Chi sei tu per negare l'esistenza di Dio? Che diritto hai di mettere in discussione la mia fede?" Se voi ripetete il Nome di Dio con tale coraggio e convinzione, potete essere certi che tutti i vostri sforzi avranno successo. Non abbiate timore di nessuno. Cantate la Gloria di Dio con tutto il cuore, senza inibizione alcuna. Sola allora potrete sperimentare la Beatitudine Divina. Iniziate la recitazione del sacro Nome proprio da questo momento, la ricorrenza dell'Anno Nuovo. Non è necessario che abbiate strumenti musicali per farlo. E' sufficiente che esso scaturisca dal centro del vostro cuore. Siate vigili, affinché la vostra mente non sia inquinata da pensieri cattivi. La vostra mente è come una Vîna (strumento musicale). Ogni pensiero negativo produrrà una nota discordante; perciò colmate la vostra mente di nobili pensieri e cantate la Sua Gloria. Solo così potrete divenire il beneficiario della Grazia e dell'Energia Divina. Una volta i pastori pregarono Krishna così: "Oh Krishna! Ti preghiamo, canta per noi con tutta la tua dolcezza e melodia. Parlaci e riempi i nostri cuori di gioia. Prendi l'essenza dei Veda e trasformala in melodia Divina; ponila nel tuo Divino Flauto e falla uscire sotto forma di melodioso canto. Oh Krishna, canta per noi!" Ascoltando il dolce canto di Krishna, essi si persero in quell'estasi e dimenticarono tutte le traversie che avevano subito. Tale è la dolcezza della musica Divina. La gente del Kerala e del Tamil festeggia oggi il Nuovo Anno. In questa fausta ricorrenza, vi benedico affinché abbiate pace, felicità e prosperità. Possiate santificare le vostre vite e condurre una vita ideale, elargendo gioia a tutti. Che la vostra vita sia felice; non è necessario che cerchiate la beatitudine all'esterno, essa è dentro di voi. Da oggi sviluppate devozione ed abbandono a Dio. Non siate timorosi, e cantate la gloria del Signore ovunque siate. Solo così potrete condurre una vera vita umana. Essendo nati in questo paese, le vostre vite devono essere esemplari. Molto presto tutti i paesi del mondo dovranno seguire l'India. Nel campo spirituale Bhârat deve diventare la guida del mondo intero. Questo è il mio desiderio. Nei tempi passati l'uomo adorava la Natura. E' la natura che ci offre cibo, indumenti e riparo; non solo, ci fornisce anche metalli preziosi come l'oro e l'argento. Che cosa c'è di sbagliato nell'adorare la Natura? Tutti i riti di adorazione praticati nel passato erano molto sacri. Bhûmâtâ, la Madre Terra, Gomâtâ, la mucca, Vedamâtâ, i Veda, e Dehamâta, la madre naturale, devono essere venerati. Poiché la gente ha smesso di adorare Dio, c'è disordine e confusione in tutto il mondo; tutti sprofondano nel dolore, poiché hanno perso la fede nel Sé. Che senso ha la vita senza fiducia in Sé. Solo l'adorazione di Dio può proteggere la nazione. Il Paese sarà benedetto con abbondanza e prosperità, e la sua gente sarà felice solo se penserà a Dio. Nelle nostre preghiere quotidiane ripetiamo il mantra "Shânti, Pace" per tre volte. Che cosa significa? Dobbiamo conseguire la Pace a tre livelli: fisico, mentale e spirituale. Non c'è pace nel mondo esterno, s'incontrano solo tribolazioni, perché la Pace è dentro di voi. Sforzatevi di manifestare la vostra pace interiore. Incarnazioni del Divino Amore! Trascorrete la notte intera nel cantare il Santo Nome e diffondete quest'Energia spirituale a tutto il mondo. Chi è Îshvara? Egli pervade ogni cosa. Come il vento soffia ovunque liberamente, così noi troviamo che il Principio di Îshvara è onnipervadente. Condividete il vostro Amore con tutti, e propagate il Nome Divino al mondo intero. Swami ha concluso il Suo Discorso con il Bhajan "Hari Bhajan Bina Sukha Shânti Nahi." Brindavan, Whitefield - Bangalore 14 aprile 2002 Sai Ramesh Krishnan Hall Note: 1) Râmâyana - Il poema epico, scritto da Vâlmîki, che narra gli episodi della vita di Râma, e del suo esilio nella foresta insieme con la moglie, Sîtâ, ed il fratello, Lakshmana. 2) Dasharatha - Nome del sovrano di Ayodhyâ e padre dell'Avatâra Râma. 3) Sumitrâ era una delle tre mogli di Dasharatha, e madre di Lakshmana e Shatrughna. 4) Ûrmilâ - figlia del re Janaka, e moglie di Lakshmana, fratello di Râma. 5) Bhâgavata Purâna è uno tra i maggiori testi antichi, attribuito a Vyâsa, che tratta della cosmogonia e narra le leggende dei ventuno principali Avatâr, riportando estesamente la storia di Krishna. 6) Mahâbhârata - Nome di un antico poema epico, il cui autore fu Vyâsa, poeta e Saggio illuminato. Esso narra della guerra tra i Pândava ed i cugini usurpatori Kaurava, culminata nella battaglia del Kurukshetra, dove l'Avatâr Krishna impartì al suo amico e discepolo Arjuna l'insegnamento esoterico contenuto nella Bhagavad Gîtâ. 7) Janaka - Sovrano di Mithilâ e padre di Ûrmilâ e Sîtâ. Fu un re famoso per la sua vasta conoscenza e la sua santità. 8) Adishesha - il serpente dalle mille teste che tiene la terra sulla sua testa. 9) Pârvatî - Nome di Durgâ. E' la consorte di Shiva, l'aspetto della Sua Shakti, o Energia; è la Madre dell'Universo. 10) Parameshvara - Altro Nome di Shiva. Il Signore Supremo, l'Onnipotente. 11) Vâlmîki, il cui nome originario era Ratnakara, un esperto ladro ed assassino, venne trasformato dall'incontro con i Sette Saggi, i quali gli diedero un Mantra. Egli meditò così a lungo sul Nome e Forma di Râma, finché il suo corpo fu completamente ricoperto da un formicaio. 12) Kali Yuga, era del ferro o delle tenebre. Questa quarta era, che è l'età attuale in cui viviamo, comprende un periodo di 432.000 anni, ed ebbe inizio quando l'Avatar Krishna abbandonò la Sua Forma umana sul finire del terzo Dvâpara Yuga, o era del bronzo, il quale comprendeva un periodo di 864.000 anni.

Source: http://www.saibaba.it/discorsi/20020414.pdf

centralmarylandbees.org

Search/tags: Sugar syrup, fondant, grease patties, essential oil, feeding bees, bee candy, candy boardPrepared by Roger Williams, President, CMBA (cmbeea.org). Corrections/additions appreciated. Honey Despite the fact that on first observation it would seem obviously correct, honey is not the best feed for bees. Honey is in essence bee food that has been processed so that it won’t spoil. Wh

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