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UN'ESPERIENZA DI APPROCCIO INTEGRATO AL PAZIENTE COCAINOMANE Diagnosi e terapia all'interno del Centro Diurno "Stella Polare" Stefania Sciortino, Psicologa clinica presso il Centro Diurno “Stella Polare”, ASL
Via Adolfo Scalpelli, 1 – 00019 Tivoli (RM) – tel. 0774/314815 - cell.3476046374
Simone De Persis, Medico-chirurgo presso il Centro Diurno “Stella Polare”, ASL RME
Via Giulio Galli 14, 00123 Roma – tel. 06/30366510 - cell.3406119014
RIASSUNTO
In questo lavoro viene descritta la modalità di approccio al paziente tossicodipendente
utilizzata all'interno del Centro Diurno “Stella Polare”, attraverso un'esperienza clinica
esemplificativa. La proposta, in linea con gli attuali modelli teorici, risulta articolata
essenzialmente in una prima fase, detta di “orientamento e diagnosi”, della durata di
circa tre mesi, nella quale, attraverso la raccolta anamnestica, l'osservazione clinica del
paziente in condizioni drug-free, in un ambiente protetto, e l'uso di alcuni strumenti
diagnostici quali l'MMPI, l'ASI e altri Test psicologici (Rorshach, test della figura
umana), si effettua un inquadramento diagnostico molto preciso con riferimento ai
criteri del DSM-IV R. Nella seconda fase, della durata di circa un anno, viene effettuato
il trattamento attraverso un approccio multiassiale, nel quale si integrano aspetti
biologici, come l'uso della terapia farmacologia, aspetti psicologici ed aspetti sociali ed
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UN'ESPERIENZA DI APPROCCIO INTEGRATO AL PAZIENTE COCAINOMANE Diagnosi e terapia all'interno del Centro Diurno "Stella Polare" IL PROBLEMA DELLA DOPPIA DIAGNOSI
Il problema della doppia diagnosi è il problema della diagnosi. I primi a proporre una
riflessione su tale problematica, furono i maestri d'oltralpe, i quali non parlarono in
realtà di doppia diagnosi, ma si interrogarono sulla personalità del tossicomane e sulla
possibile esistenza di tratti psicopatologici e di personalità che lo caratterizzassero e lo
connotassero in maniera distintiva, così come era possibile una connotazione di
numerosi disturbi in area psichiatrica, come la psicosi o i disturbi dell'umore. Quindi il
primo interrogativo dei pionieri dell'era moderna che si occuparono del fenomeno
clinico delle dipendenze patologiche era relativo alla possibilità di inquadrare questa
patologia da un punto di vista nosografico; questa operazione non riuscì mai.
Uno degli autori più importanti nello studio di tale problematica, Olivenstein (1970,
1983), definì la figura del tossicomane come una figura che dal punto di vista
psicopatologico presentava soltanto alcuni dei tratti caratteristici dei disturbi
psichiatrici, e necessari per porne diagnosi; in altre parole, secondo Olivestein, nel
tossicomane gli elementi necessari per diagnosticare un disturbo psicopatologico
importante, anche se spesso presenti in maniera significativa, non venivano mai
rappresentati in maniera sufficiente a definire una diagnosi psichiatrica;
nell'incontro con le sostanze d'abuso tali tratti venivano però accentuati, tanto da
rendere possibile l'effettuazione di una diagnosi.
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La comparsa nella letteratura americana del concetto di “double trouble” (doppio
problema), sancisce di fatto la diffusione letteratura internazionale della tematica
della comorbilità psichiatrica, o meglio della doppia diagnosi. Questo divenne
possibile dopo la formulazione del DSM, un sistema di classificazione multiassiale
nel quale, per la definizione delle patologie mentali, si utilizzano cinque assi di
CARATTERISTICHE E PECULIARITÁ DEL CONSUMATORE DI COCAINA
Il fenomeno tossicomanico ha subito profonde modificazioni negli ultimi anni, sia
nelle sue caratteristiche generali che per quanto riguarda modalità di assunzione,
utilizzate, eterogeneità delle figure coinvolte
rappresentazioni sociali e culturali legate all'uso (De Facci, 1999).
In particolare si è osservato un aumento esponenziale del consumo illegale di sostanze
psicostimolanti, che ha fatto salire l'allarme da parte delle strutture deputate alla cura e
al trattamento delle dipendenze. La cocaina soprattutto si è andata sempre più
configurando come sostanza elettiva, conquistando larghe fasce di mercato e attraendo
consumatori diversi sia per estrazione sociale che per età.
Eppure, la conoscenza di questa sostanza, dei suoi effetti e conseguenze è di
lunghissimo corso, se ne ritrovano tracce storiche addirittura risalenti al 2500 a.C.,
presso la popolazione Incas, dove era considerata un dono degli Dei e il suo uso era
La storia della cocaina è il racconto di una grande attrazione con successiva forte
repressione nel corso dei secoli, che ha portato ad alimentare credenze e fantasie che ne
hanno talvolta sottovalutato la pericolosità, rendendo l'uso un fenomeno quasi di moda.
La cocaina provoca un'iperattivazione del sistema simpatico e induce una serie di
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modificazioni attivamente ricercate dal consumatore, che riguardano diverse sfere di
funzionamento intrapsichico, soprattutto relativamente alle dimensioni affettiva e
L'uso, infatti, produce una sensazione di euforia, allegria, di forte benessere, aumenta il
senso di sicurezza e la fiducia nelle proprie possibilità; anche la libido è fortemente
stimolata e sotto l'effetto di questa sostanza, si diventa più loquaci, le sensazioni di
stanchezza fisica e mentale scompaiono, si verifica un'accelerazione generale dei
processi di pensiero e la rappresentazione di sé vira massicciamente verso espressioni
amplificate di potenza e di grandezza.
Non stupisce quindi come il successo di questa sostanza sia stato collegato a una
rappresentazione sociale dell'individuo tipica di alcuni ambienti, come “divoratore di
performances”, di potere, di forza, immagine ben lontana quindi da quella comune del
Questa rappresentazione ha fatto si che per un certo tempo il consumo di cocaina fosse
considerato un piacevole diversivo legato alla cultura dello svago e del benessere
piuttosto che come fenomeno problematico (Van Dyke et Byck, 1982), e tuttora si può
osservare che diversi elementi di questa cultura permangono nell' “user” abituale di tale
In particolare vi è la convinzione che la cocaina non dia dipendenza, che sia possibile
controllarla; la via d'uso abituale poi, quella inalatoria, ne rende impossibile
l'omologazione alla tossicodipendenza da eroina e non è infrequente ascoltare pazienti
dei Servizi affermare che “la cocaina non è un problema, e che i veri tossici sono
In realtà, diverse ricerche hanno sottolineato la pericolosità di tale sostanza; in
primo luogo per il fenomeno del “craving” e dell'astinenza. Poche sostanze, infatti,
hanno il potere di suscitare un desiderio compulsivo così forte ed esso
sembrerebbe particolarmente spiccato proprio nei consumatori di cocaina, anche
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rispetto a soggetti che usano altre sostanze (Pulvirenti, Koob, 1995).
Altri ricercatori (Hammer et al. 1997) hanno invece messo in luce la presenza di
una sorta di tolleranza inversa, in ragione della quale, a concentrazioni sempre
minori, compaiono specifici effetti indesiderati, mentre il piacere è subordinato a
un'assunzione via via sempre maggiore.
Come sottolinea Klein (2000), il soggetto vedrà comparire tachicardia, tremori,
agitazione prima di poter sperimentare gli effetti piacevoli della sostanza.
Un altro stereotipo frequentemente citato, ma completamente falso, è quello della
facile maneggiabilità della cocaina. I consumatori tendono infatti ad assumere
grosse quantità in un periodo di tempo piuttosto limitato e a presentare delle vere e
proprie “abbuffate”, a seguito delle quali, di solito, compaiono una serie di sintomi
che vanno dall'ansia alle sindromi allucinatorie, e addirittura, in qualche caso, alla
psicosi paranoidea (Denier et al. 1991).
Inoltre i consumatori di droghe stimolanti sovente trattengono per sè ampi margini
di contrattualità rispetto alla terapia, e anzi tendono a permanere nello stile di vita
che è loro abituale per lungo tempo prima di effettuare una revisione del percorso
Per tutte queste ragioni e anche per la mancanza di un farmaco antagonista che,
come il naltrexone per l'eroina, possa contribuire all'aggancio e alla terapia di
questi pazienti, la cocaina rappresenta oggi un pericolo tutt'altro che
UN CASO CLINICO: LA FASE DI ORIENTAMENTO E DIAGNOSI
Il signor S, un giovane disoccupato di 27 anni, nasce in un nucleo famigliare
caratterizzato da molteplici elementi di problematicità. "In primis" la coppia
genitoriale appare caratterizzata da una sostanziale conflittualità, dove si
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evidenziano una figura paterna periferica, affettivamente inaccessibile, violenta e
squalificante, ed una figura materna fragile e inadeguata nella gestione delle
dinamiche interne al nucleo famigliare in posizione collusiva. In questo contesto, la
sorella maggiore sembra assumere ben presto un ruolo protettivo-materno, che in
qualche modo supplisce alla carenza della figura materna, mentre il figlio
secondogenito presenta problematiche di tipo psichiatrico.
Il back-ground socio-culturale nel quale si colloca tale nucleo famigliare è
notevolmente povero e degradato, così come le relazioni che il signor S intesse nella
In ambito scolastico il suo "iter" si caratterizza per una sostanziale discontinuità e
frammentarietà, anche se riesce a conseguire la licenza Media Inferiore.
In questo clima si strutturano ben presto comportamenti disfunzionali ed antisociali
come fughe da casa, aggressioni, risse e piccoli reati, parallelamente ai quali matura
l'abuso di diverse sostanze, dapprima cannabis ed alcool, quindi psicofarmaci,
anfetamine, e soprattutto, dall'età di 14 anni, cocaina.
In relazione a tale condizione la famiglia si rivolge dapprima al Dipartimento di salute
Mentale, che segnala il caso al Servizio Materno Infantile, ed in seguito al Ser.T
competente territorialmente, che elabora ed intraprende con il signor S, appena
Il primo intervento attuato è un programma ambulatoriale articolato in tre colloqui a
cadenza settimanale, con un supporto farmacologico che si avvale della
somministrazione di ansiolitici e antidepressivi; obiettivo del trattamento è la
stabilizzazione del tono dell'umore e l'aumento di consapevolezza sulle origini del
L'intervento è prevalentemente di tipo pedagogico, e si sviluppa anche con l'obiettivo di
analizzare criticamente la sottocultura “della strada” con la quale evidentemente il
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Il signor S manifesta disponibilità all'interazione nel corso dei vari colloqui ed
insofferenza per il controllo esercitato dai familiari; durante questo periodo si
verificano inoltre alcune crisi violente con tentativi di suicidio e aggressioni, in genere
scatenate da futili motivi, seguite da amnesia lacunare. Il trattamento sembra produrre
lievi progressi rispetto agli obiettivi sopraindicati, anche se saltuariamente si verificano
"ricadute" con la cocaina, che provocano, tra l'altro, emorragie nasali.
Il trattamento viene interrotto dal signor S senza una motivazione esplicita, dopo circa
due anni. Tale interruzione si protrae fino a quando giunge allo stesso Ser.T. una
richiesta di trattamento in alternativa alla detenzione, in quanto lo stesso si trova recluso
in carcere. In questo periodo di interruzione di circa due anni, la sua vita risulta
caratterizza da numerosi reati, tra cui diverse rapine e un tentato omicidio, e da un gran
numero di episodi di violenza, verbale e fisica.
Dopo circa un anno, il signor S comincia un programma terapeutico presso una
Comunità Residenziale, dove rimane per qualche mese.
Il signor S accede al Centro Diurno “Stella Polare” per la prima volta in regime di
affidamento (art. 94, DPR 309790), subito dopo l'interruzione prematura del programma
residenziale; il primo impatto si rivela subito molto difficile: mostra atteggiamenti di
provocazione, di sfida aperta contro le regole del Centro, faticando ad adeguarsi ai ritmi
Appare sospettoso e diffidente verso gli interventi terapeutici ed educativi che vengono
proposti e utilizza potenti meccanismi di scissione e proiezione che configurano uno
scenario in cui c'è un “nemico sadico e pericoloso” che vuole impossessarsi della sua
mente per lasciarlo poi solo e vuoto di tutto, riducendolo ad un automa.
Posto di fronte alla situazione ambientale nuova, rappresentata dal Centro, il signor S. fa
quindi appello e si ancora alle conoscenze che sono in suo possesso, rappresentate dai
valori della strada, della devianza, ed alla sottocultura della microcriminalità.
Il signor S rappresenta se stesso e si racconta con un'immagine che si presenterà
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continuamente lungo tutto il periodo in cui starà nel Centro, quella del guerriero,
l'antieroe metropolitano, l'uomo che non ha bisogno di nessuno, senza sentimenti, che
prende ciò che desidera secondo gli impulsi del momento.
Immagine, questa, carica di rappresentazioni e significati, cui è sottesa un'idea del
mondo come luogo ostile, persecutorio ed estraneo, nel quale non esistono fiducia e
amore, un luogo in cui l'unico adattamento possibile è il distacco da tutte le relazioni e
le esperienze affettive, e dove il legame con l'altro è veicolato sadicamente attraverso
l'esercizio del potere e della distruttività.
Tutto ciò è poi accompagnato da tentativi più o meno coscienti di manipolazione e
seduzione finalizzati ad impedire e ad ostacolare un reale avvicinamento a lui e alle sue
Diagnosi
Nella formulazione della diagnosi, oltre alla raccolta anamnestica, è stata di notevole
utilità l'osservazione clinica del signor S nel contesto protetto del Centro Diurno, e,
soprattutto, l'utilizzo di test di personalità come l'MMPI (Minnesota Multiphasic
Personality Inventory) e dell'intervista semistrutturata ASI (Addiction Severity Index).
L'MMPI è uno dei test più largamente diffusi ed utilizzati in ambito clinico e recenti
studi (Velicogna, Narbone et. Al, 2000) ne hanno confermato la validità e l'utilità nella
formulazione di ipotesi diagnostiche e nella progettazione di interventi relativi al
L'ASI è uno strumento messo a punto per la valutazione dei trattamenti per le
tossicodipendenze e l'alcoolismo e fornisce un'ampia descrizione del funzionamento
dell'individuo generando una valutazione dimensionale all'interno delle aree indagate
durante l'intervista stessa (medica, tossicologica, familiare, giuridica, psicologica).
Dallo “scoring” dei risultati dell'MMPI del signor S, somministrato all'ingresso nella
struttura, risulta un quadro di “personalità fortemente disturbata caratterizzata da una
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pesante tendenza a comportamenti impulsivi, valutazione distorta delle possibili conseguenze delle proprie azioni e sopravvalutazione delle proprie capacità.Visibilmente scarso il controllo degli impulsi; il tono dell'umore risulta orientato sul versante ipomaniacale e la mancanza di controllo si esprime anche nei confronti degli altri, verso i quali manifesta ostilità, diffidenza e sospetto”.
Tutti questi elementi, desunti dai vari ambiti di osservazione sopracitati, hanno
contribuito a definire una valutazione multiassiale caratterizzata dalla presenza, sull'asse
primo del DSM-IV, di una grave dipendenza da cocaina, sull'asse II di un disturbo
Antisociale di personalità (per il quale sono soddisfatti tutti i criteri necessari per porre
diagnosi, compreso un disturbo della condotta con esordio prima dei 15 anni), e
sull'asse IV la compresenza di importanti problemi psicosociali ed ambientali.
Una diagnosi così complessa ed il riscontro di fattori predittivi di risposta negativa al
trattamento (Gabbard, Coyne, 1987), quali un'anamnesi positiva per arresti e relative
condanne per reato, per la tendenza alla menzogna e al raggiro, la presenza di pendenze
legali da definire al momento dell'ingresso nella struttura, ed infine l'anamnesi positiva
per violenza verso terzi, rendevano la prognosi negativa; tuttavia non essendo presenti
elementi che controindicassero la terapia (Meloy, 1988), il signor S è stato ammesso
alla seconda fase del programma, ovvero alla fase del trattamento. LA FASE DEL TRATTAMENTO PRESSO IL CENTRO: UN APPROCCIO INTEGRATO
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L'approccio psichico
L'intervento del Centro nella prima fase è stato orientato a strutturare un setting protetto
in cui gli agiti potessero trovare contenimento, in cui facilitare la riflessione e
Si voleva creare un luogo dove fosse possibile il pensiero, dove la sospensione
dell'azione e del passaggio all'atto avrebbero prodotto, tramite la riflessione, nuovo
L'intervento ci è sembrato producesse effettivamente in un primo momento un'apertura
e l'abbozzo di una relazione significativa con gli operatori del Centro; tuttavia, terminato
il periodo di affidamento e contro il parere negativo dell'èquipe, il signor S lascia il
Di particolare interesse sono gli accadimenti seguenti con il signor S, quasi subito
rifagocitato nel circuito dell'illegalità, e nuovamente arrestato.
Dal carcere intraprende un contatto epistolare con il Centro, nel quelle si intravvedono
spazi di autocritica e di riflessione, cui seguono visite in carcere da parte degli
operatori del Centro Diurno così che il signor S riprende a tutti gli effetti il programma
Il nuovo ingresso nella Comunità del Centro è caratterizzato da una diversa apertura del
paziente e da una sua maggiore fiducia e disponibilità, anche se marcata da tratti di
L'intervento che si è venuto a configurare si è incentrato sui seguenti cardini:
lavorare sulla richiesta di aiuto, trasformandone gli aspetti “strumentali” in una
lavorare sul riconoscimento del problema tossicomanico, analizzando il legame con
la sostanza e la sua funzione nell'equilibrio, pur disfunzionale, che si è venuto a
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lavorare sulla capacità di elaborazione critica dei messaggi, rompendo il circuito del
lavorare sulla capacità di tollerare la frustrazione, in primo luogo stabilendo un
nesso reale tra desideri e possibilità di soddisfacimento e poi insegnando al paziente
a dilazionare nel tempo il soddisfacimento di un bisogno-desiderio.
lavorare sulla maturazione di capacità operazionali, come la capacità di organizzare e
progettare il proprio tempo, tollerare ed affrontare la noia, risolvere i problemi
collegati alla sopravvivenza quotidiana (es. prendere la patente, fare degli
sviluppare una funzione progettuale, cioè lavorare ad un progetto di vita realistico,
costruire degli obiettivi a breve, medio, lungo termine e verificarli (con il vantaggio
dunque di imparare dall'esperienza e dal confronto senza sottrarvisi, analizzando
superamento del legame invischiante, simbiotico-fusionale con le figure genitoriali
sperimentare il sentimento di autoaccettazione a seguito della costatazione che la
carenza di un caregiver adeguato può pregiudicare il raggiungimento di un sufficiente
senso di autoaccettazione, con il conseguente rischio dello sviluppo di una
personalità connotata negativamente cui consegue l'attivazione del circuito: bassa
Il modello teorico cui si è fatto riferimento è quello della ruota del cambiamento di
Prochaska e Di Clemente (1992), rappresentato in questo schema:
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Secondo tale approccio la persona tossicodipendente attraversa vari stadi di
consapevolezza del suo problema e di disponibilità a mettersi in gioco. L'utilità di
questo modello si situa nella possibilità di costruire un progetto terapeutico
personalizzato per ciascun individuo, rispettando i suoi tempi e il livello di motivazione
Abbiamo trovato utile tale approccio anche per il significato che viene dato alle ricadute,
o per dirla in altri termini, alle rotture del “setting” , concepite come momenti utili per
comprendere e riesaminare in positivo i meccanismi che alimentano la dipendenza
Gli strumenti utilizzati hanno quindi riguardato tutte le aree di intervento terapeutico:
La strutturazione dell'intervento secondo questa modalità è stata possibile per la
presenza di un'equipe multidisciplinare che, con funzioni e competenze diverse,
specifiche per ciascuna professionalità, ha accompagnato il paziente nelle attività
proposte dal Centro. Tali attività comprendono:
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- attività ludiche e ricreative (gite, escursioni, visite a musei, giochi di gruppo, etc.)
- verifiche sull'impegno circa le responsabilità assegnate ed effettivamente assunte
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L'approccio biologico
Un altro aspetto importante nell'approccio terapeutico è stato senza dubbio quello
relativo all'intervento farmacologico, rispetto al quale si è mantenuto una posizione
dinamica. Durante il primo trattamento, svoltosi ambulatorialmente, è stata proposta al
signor S una terapia farmacologica fondata sulla somministrazione di un antidepressivo,
inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina (fluoxetina), e di uno stabilizzatore
dell'umore (carbamazepina). Rispetto a questo aspetto della terapia il signor S. ha
manifestato dapprima un rifiuto radicale, e successivamente, dopo alcuni mesi, una
evidente ambivalenza, alternando dei momenti in cui persisteva il rifiuto per i farmaci a
fasi in cui era lui stesso a richiedere un intervento farmacologico che lo contenesse.
Questa ambivalenza si concretizzava in un'assunzione discontinua del farmaco, accettato
soltanto nei periodi in cui il signor S sentiva di non essere in grado di controllare la
L'interruzione delle diverse esperienze terapeutiche si è inevitabilmente accompagnata
anche alla sospensione dell'assunzione della terapia farmacologica. Questa condizione di
non compliance è perdurata anche durante i primi mesi dell'ultimo trattamento presso il
Centro Diurno, all'inizio del quale era stata proposta al signor S l'assunzione di “acido
valproico”, un altro farmaco con funzione di stabilizzatore dell'umore. Nei mesi che
hanno preceduto l'ultima carcerazione, che ha nuovamente interrotto il programma,
l'adesione alla terapia farmacologica è notevolmente aumentata, parallelamente alla
maturazione di una maggiore fiducia nei confronti dello staff, di un'effettiva alleanza
terapeutica e, soprattutto, di una maggiore consapevolezza del proprio disturbo.
Possiamo dunque ipotizzare che l'iniziale rifiuto al trattamento farmacologico possa
essere connesso non solo al diniego esercitato rispetto al disturbo, ma anche al tentativo
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di mantenere un equilibrio interno che lo preservasse dal mettere in crisi l'immagine di
un “sè grandioso” ed onnipotente, finalizzata ad accreditarne il prestigio presso il gruppo
Tale immagine, nutrita dall'assunzione della cocaina, sarebbe stata inevitabilmente
ridimensionata infatti dalla presa di coscienza dell'effettiva condizione patologica in cui
il signor S versava, e quindi minacciata dall'assunzione della terapia farmacologica.
Nel momento in cui alcuni aspetti, come ad esempio la totale mancanza di
capacità empatica, messa in crisi dalla costruzione di un legame significativo con
il Centro, nonché l'esercizio di un potere aggressivo e l'attuazione di
comportamenti impulsivi e violenti, d'altra parte rigidamente contenuti e
costantemente criticati dallo staff del Centro, sono divenuti egodistonici rispetto alla
struttura complessiva di personalità del signor S, egli ha accettato la terapia
farmacologica, pur mantenendo rispetto ad essa una sostanziale ambivalenza,
connessa probabilmente anche al fatto che gli episodi maniacali, sempre più
frequenti, fossero di fatto divenuti per lui più accettabili (Gabbard, 2002).
Tale ambivalenza si concretizzava nella convinzione che il farmaco riducesse di
fatto la sua lucidità mentale e le sue prestazioni sessuali (effetti collaterali non
strettamente caratteristici dell'acido valproico) e nel vissuto paranoide che si
stessero di fatto sperimentando tali farmaci su di lui.
La progressiva presa di coscienza della propria condizione patologica e la costruzione di
un rapporto di fiducia con lo staff del Centro da parte del signor S, chiaramente
rappresentati anche nei test somministrati, lo hanno condotto ad un aumento della
compliance, ma anche alla comparsa di una evidente sintomatologia depressiva (umore
depresso, disturbi del sonno), affrontata con la “somministrazione partecipata”, ovvero
da lui stesso richiesta e con lui concordata (Gutheil, 1982) di citalopram, un
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antidepressivo inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina.
Con l'ultima carcerazione, venendo a mancare il sostegno costante ambientale e il
rinforzo positivo a livello comportamentale, è aumentato in maniera drastica l'abuso di
cocaina, rendendosi necessaria di conseguenzala sospensione della terapia
L'approccio educativo e sociale
Il terzo asse del trattamento si è polarizzato sulle caratteristiche educative e sociali
In primo luogo si è lavorato, insieme al signor S, sulla comprensione, discussione e
valutazione critica dei valori appartenenti alla sottocultura “della strada”, alla loro
origine e funzione, alla loro capacità di deformare aspetti importanti della percezione
È stato molto importante il passaggio evolutivo verso un abbandono dell'ottica
dell'omertà e l'apertura al dialogo e al confronto, che hanno favorito anche lo sviluppo di
un nuovo modo di “stare e di fare” all'interno della comunità aumentando quindi il senso
Contemporaneamente gli sforzi degli operatori si sono concentrati sul contenimento
delle spinte distruttive, attraverso la promozione della capacità di comprendere e
rispettare le regole della vita comune, la trasgressione delle quali era evidenziata da una
sanzione, la cui funzione era finalizzata alla “responsabilizzazione e presa in carico totale delle proprie azioni, di impegno personale, e di definizione dei propri
Una parte importante del lavoro è stata riservata alla identificazione e alla verifica degli
obiettivi di crescita, stabiliti direttamente dal paziente ed analizzati di volta in volta con
l'operatore di riferimento e con il gruppo; tale modalità ha consentito lo sviluppo di una
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capacità , seppur embrionale, di procedere per tappe, di posticipare la soddisfazione di
un bisogno e, in ultima analisi, la possibilità di contenere e tollerare la frustrazione. RISULTATI DEL TRATTAMENTO
A distanza di un anno e mezzo il test MMPI è stato ripetuto e abbiamo potuto verificare
la presenza di indizi di mutamento molto interessanti.
La diminuzione dell'Indice di Disturbo espresso dalla scala F (Frequency 72 vs 80).
PD (Deviazione Psicopatica) rimane la scala più elevata anche se con valori
Si riscontra la comparsa del picco legato alla scala PA (Paranoia), indice, a nostro
parere, di una maggiore apertura verso gli altri, verso le nuove esperienze e gli input
È poi importante sottolineare come il test sia stato somministrato nel periodo in cui il
signor S ha accettato la terapia farmacologica e quindi come fosse di fatto realmente
aumentata la collaborazione attiva al progetto terapeutico.
Accanto a questi dati abbiamo registrato anche un incremento, seppure lieve, della scala
MA (Ipomania) che abbiamo interpretato come innalzamento delle difese maniacali,
dovute proprio alla situazione del paziente alla prese con una fase di cambiamento.
Altri risultati interessanti sono emersi poi dall'analisi delle Scale Supplementari, dove
abbiamo osservato una riduzione nei valori collegati all'Antisocialità, alle difficoltà
relative al trattamento, all'Ideazione Persecutoria e un calo anche nei valori legati
Parallelamente, il signor S ha iniziato a prendere coscienza delle conseguenze negative
della propria dipendenza; si è modificata la rappresentazione della sostanza e il legame
Di importanza fondamentale è stata l'emersione di contenuti legati ad una maggiore
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sensibilizzazione e responsabilizzazione verso la propria salute, l'attivazione di un
genuino desiderio di cambiamento, e la maggiore disponibilità a parlare di sé.
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Tale disponibilità si è manifestata inoltre nella diversa qualità delle narrazioni, che si
sono polarizzate verso le tematiche più problematiche per il paziente, facendo emergere
gli aspetti più fragili della sua personalità, i bisogni per lungo tempo negati, il senso di
solitudine e una dimensione critica nei confronti del proprio stile di vita, gli
interrogativi sul futuro e le possibilità ancora aperte.
L'atteggiamento del paziente di fronte a tali tematiche si è mantenuto oscillante, come è
possibile intuire, tra l'accoglimento e la fuga, tra il contenimento del dolore e
Ci è sembrato evidente che il signor S fosse alle prese con un grave conflitto tra il
riconoscimento e la consapevolezza dei propri problemi e la mancanza di un'adeguata
autostima nonché delle risorse interne necessarie per farvi fronte, conflitto
massicciamente stridente con l'immagine di sè che invece cercava disperatamente di
accreditare, e che era necessaria al mantenimento del senso della propria identità.
Per tutto il tempo della permanenza al Centro Diurno, il signor S non ha commesso reati
e anche questo ha permesso l'approfondimento del processo terapeutico.
Si è verificato inoltre un maggiore coinvolgimento dei familiari, soprattutto della madre,
mentre la figura paterna è rimasta sostanzialmente periferica. CONCLUSIONI
L'idea di rappresentare, attraverso un caso clinico, il complesso percorso di diagnosi e
terapia, che ci coinvolge ogni volta che prendiamo in carico un paziente
tossicodipendente, nasce dall'esigenza di cogliere e sintetizzare la molteplicità di
variabili che intercorrono nell'attuazione concreta di un percorso riabilitativo. Questa
considerazione ci riporta però al cuore del problema, ovvero all'importanza
imprescindibile della diagnosi, da considerare come primo “step” nella definizione di un
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programma terapeutico che tenga conto della specificità e delle peculiarità di ogni
La diagnosi, specie nei casi, molto frequenti, di comorbilità psichiatrica, ci consente di
lavorare, dal punto di vista terapeutico, sugli aspetti realmente sostanziali della
patologia in atto, potenziando, se necessario, alcune modalità di intervento e tenendo in
debito conto inoltre degli aspetti prognostici, essenziali nella definizione degli
Ci appare inoltre una condizione irrinunciabile, nell'ambito del processo riabilitativo del
“bio-psico-socio-educativo”, essenziale, a nostro avviso, per la cura dei tratti patologici
caratteristici del disturbo in questione, nella misura in cui essi riguardano ed incidono
abitualmente in tutti gli ambiti di vita del soggetto affetto.
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LIST OF SPECIAL NEEDS CHILDREN (as of July 10, 2007) 1. Child at 5 years and 8 months, male, with problems in the neonatal period – left-sided diaphragmatic hernia which has been operated. With good physical development. Sagging of the sternal bone and strabismus are present with the child. He is lagging behind in his neuro-psychical development – moderate to severe degree. The
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